Partito democratico. Schlein tesse l'euro-tela e inaugura la svolta operaista
La segretaria del Pd Elly Schlein
Elly Schlein tesse l'“euro-tela” in vista delle elezioni della prossima primavera per eleggere il nuovo Parlamento di Strasburgo. L’obiettivo è rinsaldare il blocco socialista, in una fase in cui la destra prende consensi, ma non abbastanza, probabilmente, da sovvertire gli attuali equilibri. La segretaria del Pd allora seleziona con gli alleati i temi caldi su cui battere in campagna elettorale, e - dopo la vicepresidente del governo spagnolo Yolanda Diaz che ha visto a inizio settembre - è stata la volta dell’incontro con il premier portoghese e leader socialista Antonio Costa. Mentre in agenda è già segnato il prossimo incontro con Pedro Sanchez.
Due ore di faccia a faccia, all’ambasciata portoghese, per passare in rassegna «temi sia internazionali ed europei, sia di politica interna, e di politiche che quel governo sta portando avanti per rilanciare l’economia e ridurre le disuguaglianze come hanno fatto in questi anni», spiega la leader del Pd. Dai salari alla transizione energetica, alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di compenso, per la segretaria dem bisogna battere sugli argomenti che toccano dal vivo le persone, per parlare agli elettori che, ragiona, presto resteranno delusi dalle promesse disattese. E su questi il Portogallo ha già avviato una serie di scelte.
Dagli scranni dell’opposizione, Schlein ha gioco facile a criticare le scarse risposte che arriveranno dalla manovra, e in questa fase gioca il ruolo più comodo finora ricoperto dalla sua avversaria Giorgia Meloni oggi al governo. «Non riusciranno a mantenere le promesse che hanno fatto», incalza, ricordando che «le nostre priorità sono la sanità pubblica, il potere d’acquisto delle famiglie, i salari», a partire dalla battaglia per il «salario minimo, i rinnovi contrattuali e il taglio del cuneo fiscale che andrebbe reso strutturale».
Tutte misure «per ridurre le disuguaglianze», che restano il perno delle scelte della segretaria del Pd, che sarà nel pomeriggio di venerdì a Crevalcore al fianco degli operai della Marelli a rischio di chiusura (oggi nello stabilimento anche il governatore emiliano e presidente del Pd Bonaccini). Priorità, appunto, da cui Schlein non vuol farsi distrarre fino alle europee - e anzi chiede a tutto il partito di lavorare compatto su questi cavalli di battaglia - e non intende farlo dopo il voto. Per il quale si prospettano diversi scenari a cui stanno invece lavorando i vertici della vecchia guardia, spiazzati dai metodi della leader outsider.
Sono giorni di gran fermento, infatti, all’interno del partito. Dopo che l’area riformista ha cominciato a serrare i ranghi, malgrado l’atteggiamento tiepido del loro referente Stefano Bonaccini, anche Dario Franceschini si è messo in moto, chiedendo alle varie anime delle correnti che hanno sostenuto Schlein di unificarsi. Da Zingaretti agli ex lettiani, compreso Speranza (che per ora non sembra troppo convinto), tutti dovrebbero confluire in un unico correntone che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe chiamato Arcipelago.
La segretaria del Pd avrebbe volentieri evitato di tornare alle vecchie logiche, così come lo stesso Bonaccini, che si sfoga: «Se torniamo alle correnti del passato e a quel modo di gestire il partito... parliamo di anni in cui abbiamo subito sconfitte su sconfitte».
Stessa sensazione per Schlein, che continua a non commentare i grandi movimenti, così come continua a rinviare il momento cruciale della scelta delle candidature per le europee. Perché è lì che si paleseranno i capibastone tutt’altro che scomparsi. Ed è lì che comincerà a delinearsi la scelta della leader del Nazareno, che dovrà sciogliere la riserva se candidarsi capolista, lasciando ad altri leader la stessa decisione, per contarsi ancora, o se puntare su figure rappresentative del suo progetto.
Dritta per la sua strada, Schlein non intende farsi influenzare dai sostenitori interni, consapevole che potrebbero scaricarla. Tanto che in molti sussurrano già il nome del possibile sostituto in caso di sconfitta alle europee, Dario Nardella, già pronto a candidarsi per Strasburgo. Il sindaco di Firenze però nega tutto e si dice totalmente estraneo a questo gioco.
E la leader non guarda più neppure al possibile alleato Giuseppe Conte che le ha riservato cocenti delusioni negli ultimi tempi. Si concentra invece sulle piazze, che le hanno sempre riservato calorose accoglienze, da cui è certa di poter prendere altra linfa. E dove lo stesso Bonaccini si dice pronto a seguirla, se saranno piazze targate Pd.