Attualità

COSA NOSTRA. Patto tra mafia e Stato, la copia del "papello" ai giudici

Giulio Isola giovedì 15 ottobre 2009
Dodici richieste dei boss di Cosa nostra agli uomini delle istituzioni. Sono contenute nel “papello” consegnato ai magistrati di Palermo e Caltanissetta da Massimo Ciancimino, figlio dell’ex-sindaco palermitano Vito Ciancimino. Le immagini del “papello” e i contenuti delle richieste dei mafiosi ai politici, avanzate nell’estate del 1992, fra le stragi Falcone e Borsellino, sono pubblicate, in esclusiva, dal settimanale “Espresso” nel numero in edicola. Sui fogli, tra l’altro, si leggono i nomi di Mancino e Rognoni (allora ministri dell’Interno e della Difesa), oltre ad alcune richieste: l’abolizione del 416 bis (il reato di associazione mafiosa), la costituzione di un partito del Sud e la «riforma della giustizia all’americana». Incollato a questi fogli, un messaggio dello stesso Ciancimino: «Consegnato al colonnello dei carabinieri Mori del Ros». Per gli inquirenti – scrive l’Espresso – il messaggio è esplicito e confermerebbe il fatto che ci sarebbe stata una trattativa fra i mafiosi e gli uomini delle istituzioni.Il “papello” di Ciancimino sarebbe la replica a un altro documento, scritto da Riina e Provenzano, anch’esso al vaglio degli inquirenti. Tra le richieste, la revisione del maxi processo a Cosa nostra, l’abolizione del carcere duro previsto dal 41 bis e gli arresti domiciliari per i mafiosi con più di 70 anni. Da ultimo, i due boss chiedevano la defiscalizzazione della benzina per gli abitanti della Sicilia.I presunti rapporti tra lo Stato e la mafia sono stati anche al centro dell’audizione dell’ex-ministro della Giustizia, Claudio Martelli, durata circa tre ore, davanti ai magistrati. Martelli, ascoltato a Roma, ha ribadito i concetti espressi nel corso della puntata dell’8 ottobre di Annozero: «Intuii che Borsellino sapesse della trattativa fra Stato e boss per fare cessare la stagione delle stragi – ha detto – e di recente me lo ha confermato Liliana Ferraro», l’ex direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, successore di Giovanni Falcone in questo incarico, dopo la strage di Capaci. Pure la Ferraro è stata ascoltata dai magistrati siciliani, ieri a Roma.Martelli ha negato di avere ricordato soltanto ora fatti risalenti al 1992: «Avevo parlato in numerose interviste dei miei dubbi sulla formazione del governo Amato, nel 1992, delle pressioni che subii per lasciare la Giustizia e andare alla Difesa, e della situazione di Vincenzo Scotti, che dovette lasciare gli Interni a Nicola Mancino». Ad Annozero Martelli aveva detto - e ieri lo ha confermato ai pm - che Borsellino fu informato dalla Ferraro dei tentativi di Massimo Ciancimino di avere «coperture politiche» rispetto ai contatti e agli approcci con i carabinieri.La Ferraro, oggi stretta collaboratrice dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, direttore del Cesis (il coordinamento tra Servizi segreti), ha parzialmente confermato questa versione, sostenendo di non averla rivelata prima perchè essa era nota anche ad altri soggetti istituzionali, in particolare investigatori.