Egitto. Zaki è libero: «Sabato sarò a Bologna. Poi mi sposo in Egitto»
"Sto programmando di essere lì a Bologna sabato mattina arrivando a Milano: da Milano mi sposterò a Bologna". Lo ha detto Patrick Zaki ai giornalisti stasera uscendo dall'ambasciata italiana al Cairo. "Sarò a Bologna solo due settimane, poi tornerò in Egitto a causa del mio matrimonio a settembre. Dopo il matrimonio in Egitto sicuramente tornerò in Italia per riprendere i miei studi e la mia vita a Bologna".
"Dal primo giorno in cui sono uscito ho detto che volevo tornare a Bologna: voglio tornare il prima possibile e ci sto lavorando. Ora il processo è finito - ha detto all'Ansa - e sento che ho il diritto di tornare a vedere i miei colleghi, di presentarmi per ritirare la laurea, di condurre una vita normale a Bologna e spero che questo accada nei prossimi due giorni, tornando in Italia dopo diversi anni di assenza".
Il caso giudiziario del ricercatore e attivista egiziano, 32 anni, cristiano copto, è durato 3 anni e mezzo, inclusi 22 mesi di custodia cautelare in carcere. Zaki è stato prima condannato a tre anni, martedì scorso, e poi liberato dopo la grazia concessa dal presidente Abdel Fattah al-Sisi. Iscritto all'università Alma Mater di Bologna, si era laureato all'inizio di luglio, collegandosi dall'Egitto.
«Il momento più buio è stata la condanna»
"Il momento più difficile è stato dopo il verdetto" di martedì, ha detto, "perché non mi aspettavo una sentenza così pesante. Sentivo che sarei tornato di nuovo nella tempesta: carcere e attesa, e che il mio futuro era bloccato. Ancora prigione e poi il divieto di viaggiare". "Ho pensato a tutto questo, mi son tornati tutti i ricordi ed è stato sicuramente un momento difficile per me, anche vista la reazione dei miei genitori al verdetto", ha detto ancora Patrick riferendosi implicitamente alle urla disperate della madre ("Mio Dio, me lo hanno preso"). "Non è stato facile ma, grazie a Dio", "sono uscito e cerco di affrontare la nuova situazione, il futuro sarà migliore".
Alla domanda se gli piacerebbe portare con sé in Italia i suoi genitori, ha risposto: "Sono anziani e non ho bisogno che stiano con me, è più facile per loro rimanere in Egitto". "Possono farmi visita dopo, quando la mia situazione si sarà stabilizzata, a casa mia", ha aggiunto. "Ora, ovviamente, ci saranno molti viaggi, interviste, festeggiamenti: preferisco, quando sono in Italia, offrire loro tempo di qualità, fare escursioni per vedere l'Italia, cosa che non è possibile adesso", ha concluso.
Appena libero, dopo aver stretto la mano a un uomo della sicurezza in maglietta a righe al limitare di una serie di transenne, Zaki ha abbracciato per vari secondi la madre Hala, poi la fidanzata Reny Iskander, la sorella Marise e il padre George. Nella Direzione di polizia di Nuova Mansura, Patrick Zaki non è stato rinchiuso una cella di sicurezza ma ha dormito in una stanza per gli ufficiali, ha riferito la madre del ragazzo. "Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile" ha detto ai giornalisti. "Sto pensando a ritornare a Bologna, ad essere con i miei colleghi all'università". "Ora torno al Cairo", ha detto ancora incalzato da domande.
Tajani: siamo riusciti a ottenere questo risultato
"Nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Il governo è stato in grado di far tornare in Italia un giovane ricercatore che rischiava di stare ancora un po' di tempo in carcere. Noi siamo riusciti a ottenere questo risultato. Poi si può dire ciò che si vuole. Siamo persone serie, non facciamo baratti di questo tipo". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Radio 24 su un presunto baratto tra la liberazione di Patrick Zaki e il caso Regeni. Per quanto riguarda Regeni, ha aggiunto, "continueremo a chiedere che si faccia luce sulla vicenda come abbiamo sempre fatto, abbiamo messo sullo stesso piano le due questioni".
Intanto la società civile, che si è molto spesa per la liberazione del ragazzo, festeggia e chiede di non abbassare la soglia di attenzione su altri casi, analoghi a quello di Zaki. "Le cose in Egitto cambieranno davvero quando saranno scarcerati i due più importanti prigionieri di coscienza, Alaa Abdel Fattah e Ahmed Douma. Le grazie riguardano profili individuali, le carceri egiziane restano piene" ha osservato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, che ha subito parlato di "bellissima notizia" facendo riferimento all'avvenuta scarcerazione. Sono tra i 60mila e i 100mila i prigionieri politici e di coscienza stimati dalle organizzazioni per i diritti umani, ancora trattenuti nel sistema penitenziario egiziano.