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L'indagine. Don Patriciello obiettivo della camorra: «Vi perdono ma pentitevi»

Amtonio Averaimo venerdì 16 febbraio 2024

Don Patriciello incontra i parrocchiani al Parco Verde di Caivano

Un sistema camorristico che ha imposto il pizzo agli imprenditori, gestito enormi quantità di droga da destinare allo spaccio, seminato il terrore in più città, con una faida nata per contrasti nati al proprio interno, e cercato di zittire con le minacce chi lo ha denunciato e contrastato pubblicamente: don Maurizio Patriciello, parroco nel Parco Verde di Caivano, e Biagio Chiariello, comandante della polizia municipale di Arzano.

L’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha portato all’operazione condotta dai carabinieri di Giugliano e Caivano, con 11 arresti e due divieti di dimora a carico di esponenti di clan della camorra alleati attivi nell’area a nord di Napoli, ha fatto luce sul clima di terrore in cui i gruppi criminali del territorio hanno tenuto negli ultimi anni i Comuni di Arzano, Frattaminore, Frattamaggiore e Caivano. Decisiva, in tal senso, è stata la collaborazione con la giustizia di alcune persone che a quel sistema camorristico appartenevano: tra questi c’è Pasquale Cristiano, ex affiliato del clan 167 di Arzano e poi capo di uno dei gruppi criminali protagonisti della faida che ha insanguinato l’area a nord di Napoli dalla fine del 2021.

Mentre infuriava la guerra nata all’interno del clan 167, partita con l’omicidio di un nipote di Cristiano e proseguita con bombe e agguati intimidatori nei confronti dell’attuale collaboratore di giustizia e degli altri camorristi entrati in contrasto col gruppo di cui facevano parte, don Patriciello diede vita, insieme al “Comitato di liberazione dalla camorra – area a nord di Napoli”, a una serie di manifestazioni pubbliche che denunciavano il terrore seminato in quei territori dalle cosche in lotta tra loro. È in questo contesto che va letta la bomba carta fatta esplodere nella notte tra il 12 e il 13 marzo 2022 davanti alla chiesa di San Paolo Apostolo di Caivano, dov’è parroco don Patriciello, che da quel momento vive sotto scorta.

Il sacerdote ha commentato l’operazione in un post sulla sua pagina Facebook: « Mi avete costretto, fratelli camorristi, a vivere sotto scorta – scrive don Patriciello –. Mi pesa. Non lo avrei mai pensato. Fa niente. Vi perdono. Vi abbraccio. Vi chiedo però di cambiare vita. Per il nostro bene. Per il vostro bene. Per il bene dei vostri figli». L’altro destinatario delle minacce dei clan della stessa area, è Biagio Chiariello, comandante della Polizia municipale di Arzano, il Comune da cui è partita la faida di camorra che ha insanguinato il territorio. Dopo alcune operazioni da lui condotte nel rione 167, considerato dagli esponenti del clan che porta il nome di quel quartiere il proprio fortino, le minacce sono aumentate: un giorno, Chiariello trovò un manifesto funebre col suo nome stampato sopra. Per circa un anno è stato sotto scorta. Da aprile dell’anno scorso la protezione gli è stata revocata, ma il comandante ha chiesto al ministro Piantedosi e al prefetto di Napoli che gli venga assegnata di nuovo.

L’inchiesta della Dda di Napoli ha colpito in particolare due clan: i Pezzella, legati al clan 167, ma anche i Sautto-Ciccarelli, che gestivano il sistema di spaccio di droga nel Parco Verde di Caivano. Lì, fino a pochi mesi fa, nel giro di pochi chilometri quadrati, c’erano 14 piazze di spaccio. I Pezzella sono stati protagonisti anche di diverse estorsioni a carico di imprenditori del territorio: alcune delle bombe esplose nei territori di Frattamaggiore e Frattaminore vanno lette come ritorsioni o minacce legate al racket. L’inchiesta ricostruisce anche un’estorsione da 20mila euro subita da una società che aveva vinto un appalto per la costruzione di un parco urbano all’interno dell’ospedale Cardarelli di Napoli: soldi che sarebbero stati spartiti tra più clan, appartenenti a quel sistema a cui ieri la Dda di Napoli e i carabinieri hanno inferto un altro colpo.