Il tema . Italiani dopo 5 anni: un referendum per dimezzare i tempi per la cittadinanza
«Alla retorica del “prima gli italiani”, rispondiamo con un sonoro “Italiani prima”». All’ora di pranzo, lanciando il proprio controslogan, il segretario di +Europa Riccardo Magi dà conferma ai cronisti della nuova mossa politica sul travagliato fronte della riforma della cittadinanza. «Abbiamo appena depositato in Cassazione il quesito referendario sulla cittadinanza, che mira al ritorno al termine di 5 anni di soggiorno legale ininterrotto in Italia, ai fini della presentazione della domanda di concessione per i cittadini maggiorenni stranieri».
La campagna referendaria
La campagna si chiama «Figlie e Figli d’Italia» e a depositare il quesito è stato un cartello di forze politiche d’opposizione (+Europa, Possibile, Partito Socialista, Radicali Italiani, Rifondazione Comunista) insieme ad alcune associazioni (fra cui Italiani senza cittadinanza, Conngi, Idem Network) e organizzazioni della società civile come Libera, Gruppo Abele, A Buon Diritto, Società della Ragione, oltre a giuristi e sociologi di vaglia come Mauro Palma (già Garante Nazionale dei detenuti) e Luigi Manconi. I proponenti intendono puntare, col loro quesito, al secco dimezzamento dei tempi (da 10 a 5 anni), ritenendo che ciò gioverebbe ad almeno « 2 milioni e duecentomila cittadini stranieri che oggi sarebbero nelle condizioni di ottenere la cittadinanza, più i loro figli, circa 500 mila bambine e bambini». Secondo Magi, sarebbero «molti di più di quelli che sarebbero interessati dallo Ius scholae, ossia mezzo milione di persone, e dallo Ius soli, circa un milione e mezzo». Pertanto, si tratterebbe di «una riforma semplice ma anche rivoluzionaria».
I dubbi di M5S, ma il Pd annuncia: «Firmeremo»
«Noi lanciamo una sfida a una parte della maggioranza, che finge di volere una legge di civiltà come lo Ius scholae, salvo poi fare marcia indietro per puro calcolo politico, ma soprattutto all’opposizione», spiega il segretario del Psi, Enzo Maraio, chiedendo «a tutti i partiti che si riconoscono nei valori di libertà e uguaglianza di non esitare a firmare con noi il quesito referendario», che ora dovrà raccogliere almeno 500mila sottoscrizioni di altrettanti cittadini per poter essere ammesso al voto. Gli fa eco Magi: «Ci aspettiamo che chi in questi giorni si è detto favorevole a una riforma della legge sulla cittadinanza appoggi questo referendum». Magi è convinto che «non ci siano le condizioni in parlamento per una nuova legge in questa legislatura». In serata, il Pd annuncia di voler aderire: «Non faremo mancare le nostre firme», scrivono in una nota Marwa Mahmoud, responsabile Partecipazione, e Pierfrancesco Majorin, responsabile Politiche migratorie della segreteria dem. Invece da altre forze d’opposizione l’appello viene per ora valutato senza particolari entusiasmi. «Nutro perplessità. Sembra che la richiesta di referendum sia diventata un po’ una formula magica, ma in realtà può essere un boomerang», argomenta la vicepresidente del gruppo di M5S al Senato, Alessandra Maiorino, che per ora frena: «Le proposte in Parlamento ci sono e sono anche già ampiamente condivise, in quanto frutto di esame e approvazione nella scorsa legislatura. Noi sosteniamo l'introduzione dello Ius Scholae da sempre. Lavoriamo su questo».
Tensioni nel centrodestra
Sul versante opposto, alla determinazione di Forza Italia nel proporre «una riforma sulle regole della cittadinanza», per dirla col suo leader e vicepremier Antonio Tajani, fanno da contraltare lo stand by di Fratelli d’Italia (che comunque non ritiene il tema una priorità) e il muro opposto dalla Lega, che con l’altro vicepremier e segretario Matteo Salvini lancia un segnale di fumo al resto della maggioranza. Ma quale Ius scholae, fa sapere, «noi stiamo lavorando alla revoca della cittadinanza per gli stranieri che commettono reati gravi». Il tono è asciutto e il messaggio non complicato da interpretare: un chiaro avviso ai naviganti forzisti (che stanno lavorando a una proposta di legge sulla concessione della cittadinanza dopo un ciclo scolastico di 10 anni da presentare - forse già entro settembre - ai partiti di governo) a non forzare troppo la mano, perché il Carroccio si opporrebbe. Ma Tajani non intende cedere: «Non delinque solo chi ha origine straniera - ribatte -. Occorre una riforma delle regole. Non ci prestiamo a giochetti e emendamenti, prepareremo la proposta di legge e la faremo vedere agli alleati». In questi giorni, aggiunge, «ho sentito un giovane di origine straniera campione paralimpico che parlava con un accento più romano del mio. Si sentiva italiano e cantava l’inno di Mameli». Pertanto, conclude Tajani, «non è questione di colore della pelle o di dove sono nati i tuoi antenati, ma è questione di sentirsi italiani».