Libia. Camera divisa sull'accordo (semisegreto). Ricatto di Tripoli: o soldi o migranti
La conferma del ricatto libico arriva alle 15.56 quando le agenzie di stampa riassumono gli umori della maggioranza di governo: “Senza percorso comune sulla Libia aumenteranno i flussi”. In altre parole, senza la riconferma del rifinanziamento alle milizie del mare, federate in almeno tre sigle, sarà più difficile continuare a chiedere a Tripoli la cattura di migranti salpati dalle coste del Paese.
Dopo un pomeriggio di scontri apparenti e tatticismi è arrivato come previsto il via libera delle commissioni Esteri e Difesa della Camera all’emendamento del Pd, che puntava alla verifica della cooperazione con la Guardia costiera libica. La riformulazione proposta dall’esecutivo "impegna il governo a verificare, dalla prossima programmazione, le condizioni per verificare il superamento di suddetta missione". Alcune fonti interne al Pd traducono: «Di fatto, con il nostro impegno il governo termina la missione dal prossimo anno».
«Perché non subito? Perché concedere un altro anno per torturare?», si è domandato tra gli altri l’ex presidente del Pd, Matteo Orfini. I guardacoste libici, peraltro, sono oramai fuori dal controllo dell’Italia e dell’Europa. A riconoscerlo, dopo anni di blande smentite, è proprio una fonte della Commissione Europea. «L’addestramento della guardia costiera libica rientra nel mandato dell’operazione Ue Irini, ma da quando la missione è stata lanciata, il 31 marzo 2020, non ha potuto iniziare l’attività a causa di resistenze della parte libica», ha dichiarato da Bruxelles una fonte della commissione citata dall’Ansa, secondo cui «lo stallo è creato dalla pressione della Turchia, che ha iniziato in proprio l’addestramento in Libia, con le proprie forze sul terreno». Le prime immagini dell’addestramento sulle motovedette donate dall’Italia ad opera degli ufficiali di Ankara risalgono all’ottobre 2019. «La speranza – sostiene la fonte della Commissione Ue – è che la situazione si sblocchi dopo le elezioni e a seguito degli appelli per il ritiro delle forze straniere».
La scadenza elettorale è fissata al 24 dicembre, dunque l’eventuale ripresa della cooperazione diretta con la cosiddetta guardia costiera libica non potrebbe riprendere prima del 2022, nonostante i fondi italiani arriverebbero a Tripoli subito. Il nostro Paese mantiene nel porto della capitale libica una nave officina che quotidianamente svolge attività di manutenzione per le motovedette, a spese del governo italiano, nonostante i pattugliatori rispondano poi alle indicazioni di Ankara e non più di Roma.
Oggi spetterà dunque alla Camera votare il definitivo “si” al rinnovo delle missioni. Sulla “scheda 48”, riguardante proprio la Libia, ci sono state le tensioni maggiori. L’accordo sulla riformulazione, che ricalca l’emendamento originale con una qualche modifica, è stato raggiunto prima della riunione della Commissione in un incontro tra il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (Fi), quello agli Esteri Benedetto Della Vedova (Radicali), il relatore Gianluca Ferrara (M5s) e il responsabile Sicurezza del Pd Enrico Borghi, che aveva presentato l’emendamento con la collega di partito Lia Quartapelle.
Il Governo ha deciso di destinare 500 mila euro in più nel 2021 per sostenere le attività della guardia costiera libica, per un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno dell’accordo Italia-Libia. Sale anche a 960 milioni il costo sostenuto dai contribuenti italiani per le missioni navali nel Mediterraneo (nessuna delle quali ha compiti di ricerca e soccorso in mare) e nel Paese nord africano, con un aumento di 17 milioni rispetto al 2020 per la missione “Mare Sicuro” e 15 milioni per “Irini”. La cornice è quella del memorandum d’intesa Roma-Tripoli di cui sono noti 8 articoli ma i cui dettagli, e i negoziati attuativi, non sono mai stati resi noti.
Tra chi nella maggioranza oggi voterà "no" ci saranno anche Palazzotto, Boldrini, Magi e una trentina di altri parlamentari che annunciano battaglia. Nella serata di oggi, però, potrebbe arrivare la beffa. Dopo che Roma avrà rassicurato Tripoli con il voto favorevole al rifinanziamento, la missione Onu in Libia (Unsmil) relazionerà davanti al Consiglio si sicurezza Onu. E a quanto trapela verranno mosse nuove accuse proprio alla gestione dei flussi migratori da parte delle autorità libiche.
Fuori dal parlamento ieri decine di associazioni e organizzazioni, da Amnesty a diversi gruppi scout, hanno manifestato con gli occhi bendati invocando lo stop ai fondi per i guardacoste libici. E padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli ha rivolto una richiesta al governo: «A chi si trova in questo momento a dover decidere chiediamo di ascoltare la voce dei sopravvissuti alla Libia che sono riusciti ad arrivare in Italia. Sono storie di violenze indicibili. Sono vite ferite dall’odio e segnate dalla mancanza della volontà politica di porre fine a questa pagina nera della nostra storia».