La crisi. Arturo Parisi: «Salvini andava sfidato al voto»
Arturo Parisi (Ansa)
La prima riflessione è sulla distanza tra questa classe politica e questo Paese così sofferente. Arturo Parisi è severo: «I cittadini guardano e i politici mi paiono lontani, quasi indifferenti. È come se si desse tutto per scontato. È come se fossero convinti che chi non capisce, poi capirà e, alla fine, si adeguerà. È la politica del fatto compiuto». Per qualche minuto il professore vola alto: è una riflessione amara sulle "miserie" che si agitano dietro quest’ultima trattativa. «La politica sembra guardare tutto tranne che ai cittadini. Ma i cittadini esistono. E il tempo delle appartenenze stabili, delle deleghe a decidere e delle obbedienze nel fare, è alle nostre spalle. In una società più gassosa che liquida, gli eletti non si illudano che gli elettori li seguano comunque in questo girotondo che vede ognuno di loro occupare d’un tratto le posizioni che avversava appena ieri».
Professore, lei conosce la politica, conosce il Pd e conosce il Movimento 5 stelle. Ne conosce i vizi, le piccole ambizioni, le strategie di corto respiro... Come finirà? Ci sarà un governo?
Se dipendesse da loro, questo accordo lo darei per fatto. Ma per la piega vorticosa che ha preso il girotondo, anche loro sentono che una volta "cascato il mondo" e "cascata la terra" possono finire "tutti giù per terra". Ecco perché avrei preferito un confronto all’antica. Senza saltare passaggi e dedicando a ognuno il tempo che in genere associamo alla costruzione di un edificio che duri nel tempo. Non dico il tempo che i mitici tedeschi si sono presi per dare vita al Merkel IV. Ma almeno i 90 giorni che l’anno scorso si presero i due partiti più premiati dal voto popolare. E invece siamo passati da novanta giorni a novanta ore.
È stato Mattarella a chiedere risposte in tempi strettissimi.
Il capo dello Stato è l’unico arbitro della partita. Se ritiene che i tempi siano strettissimi, muove di certo da ragioni che lui solo vede o da ragioni che gli sono state rappresentate. Purtroppo nella cottura del pane ci sono vincoli che non sono nella disponibilità dei panettieri. Può capitare che il pane bruciato o non lievitato sia meglio che fare la fame. Ma la scelta non è senza conseguenze.
Conseguenze?
Anche Mario Monti scese in campo così e dopo di lui il Movimento 5 stelle divenne primo partito con quasi il 26%.
Per lei Salvini è una minaccia? E se lo è non pensa che qualsiasi patto capace di sbarrargli la strada ha un senso?
Non ho dubbi sulla gravità del rischio di una sua vittoria, ma penso anche che la galoppata sfrenata del capo della Lega, al momento, si è bloccata. O un accordo serio o le elezioni - l’alternativa definita dal Pd - stava a dire che non solo io ritenevo che Salvini poteva essere fronteggiato e sfidato alle elezioni. E, invece, il Pd pare cedere alle pretese del Movimento che pretende il riconoscimento del proprio primato. Questo rischia di essere non un Conte bis, ma un 5 stelle bis. Ma soprattutto...
Ma soprattutto che cosa?
Avrei voluto che la nuova alleanza avesse alla sua base un giudizio netto e condiviso sul pericolo Salvini. Ma non lo vedo. Se fossero stati Conte e i 5 stelle a rompere, in difesa della democrazia di tutti, contro la sua richiesta di pieni poteri la storia sarebbe del tutto diversa e il cammino tra M5s e Pd molto più avanti. Ma invece ho solo ascoltato Conte e i 5stelle lamentare l’abbandono del tetto coniugale come un tradimento. Ecco il punto centrale . Questo governo non muove da una condanna chiara radicale definitiva e condivisa della Lega. Se fosse stato per Conte e per il Movimento il patto con la Lega sarebbe ancora vivo. È Salvini che ha rotto, non loro.
Crede che il tempo possa aiutare Pd e M5s a trovare quei punti di convergenza tali da garantire un governo vero, di legislatura?
Può essere. Ma subentrare nel talamo ancora caldo appena abbandonato dal precedente coniuge non mi sembra il modo migliore per dare vita a una convivenza.
Grillo pare credere a una alleanza stabile e organica.
Di certo non è quello che vedo io. Quello che vedo io è un quadro oscuro con un Pd debole. Che accetta la riduzione dei parlamentari solo per ingraziarsi i 5 stelle. E che spinge per il perfezionamento del proporzionale solo per paura di Salvini.
Le torno a chiedere del disorientamento dei cittadini.
È un disorientamento che capisco. È difficile mettere da parte le parole dette. Gli elettori del Movimento 5stelle per mesi e mesi eccitati contro il Pd non cambieranno idea anche se nel frattempo Di Maio ha chiuso un accordo. E la stessa cosa succederà dentro il Pd. Se non ci sarà qualcuno che si caricherà del disagio degli uni e degli altri saranno tanti quelli che si ritrarranno nell’astensione. E aggiungeranno: "schifati".
Presto ci si eserciterà su vinti e vincitori. Chi sono?
Chi avrà veramente vinto o perso lo vedremo più avanti. Di certo quale nome corrisponderà a quale casella, l’unica cosa ora immediatamente visibile, deciderà dell’equilibrio politico molto di più di quel che la lettura qualunquista sui "sederi e sedili" vuol dare ad intendere. Quello che mi preoccupa è tuttavia il ritorno a una idea di politica come tattica, e quindi dei tattici e dei tatticismi, alla necessità di cogliere le opportunità del treno che passa, e quindi ad un approccio opportunista privo di respiro strategico. Non è questo che serve all’Italia.