«Che le primarie siano uno strumento utile solo per rafforzare un partito già forte è una teoria che non condivido. È più facile che si ricorra alla gente proprio quando i partiti e le alleanze falliscono. Perciò il ricostituente al quale si è affidato il Pdl può arrivare a mettere in difficoltà il Pd e l’alleanza progressista». Al professore Arturo Parisi, oggi deputato democratico in rotta con Bersani e con l’attuale dirigenza Pd, ancora brillano gli occhi quando sente parlare di «primarie»: è infatti vivo il ricordo della battaglia del 2004 e delle regole che allora varò alla guida del primo comitato promotore. E poco importa se ad appropriarsi dello strumento, ora, sia la parte a lui avversa. «Anzi, è nell’interesse del Pd che alle prossime elezioni abbia di fronte un contendente vero con un mandato popolare serio. Non si gioca a tennis da soli, vincere sulle disfatte altrui è pericoloso per sé e per il Paese».
Professore, si spinge sino a dare un consiglio ad Alfano?Gliene dò due, se permette. Eviti innanzitutto che le primarie si trasformino in una incoronazione da parte nella nomenklatura. Prenda ad esempio quello che avviene da noi oggi, non guardi a quanto accadde con Prodi nel 2005, quando l’incoronazione aveva un senso solo perché avevamo concrete possibilità di vincere. Anche se allora - e ci tengo a dirlo - il vero successo fu proprio quello di celebrare le primarie contro coloro che, dando il risultato finale per scontato e scontata la candidatura, chiedevano come mai occorreva cercare l’investitura tra i cittadini e non più solo tra i capipartito.
Invece da cosa parte Alfano?Al momento a sua disposizione c’è solo una corona di latta, la sua area politica è in ginocchio. Ora Alfano è solo lo sconfitto designato, l’erede di un fallimento politico. Si guardi perciò dalle investiture, cerchi la forza per cambiare direttamente dal mandato popolare, non dalla delega dei colonnelli...
Il secondo consiglio?Non è per lui, ma per gli altri che nel centrodestra pensano di avere un’idea per il futuro del Paese diversa dalla sua, e che come Alfano hanno l’ambizione di realizzarla. È il momento per loro di alzare la mano. Alfano deve correre contro avversari credibili, della sua stessa misura, in una gara dall’esito incerto. Anche dall’altra parte del campo devono trovare il loro Renzi o un loro Vendola.
Oltre l’originale, vede altri Renzi appetibili per il centrodestra?Al momento no. Ma nelle primarie la sorpresa e la novità sono fattori decisivi.
Sembra quasi augurarsi che le cose nel Pdl vadano bene. Una vendetta contro il Pd?Voglio solo scommettere che la disperazione di Berlusconi possa aprire al Paese una prospettiva di speranza. Da mercoledì la sfida non è solo Bersani contro Renzi e Vendola, ma le primarie di centrosinistra contro quelle del Pdl. Spero che tra noi e loro scatti l’emulazione. Solo questo può contenere la tentazione della protesta e dell’astensionismo. Se loro scriveranno regole davvero aperte, è inevitabile che anche noi saremo costretti a cambiare le nostre.
Da un Pdl che facesse primarie aperte cosa ne dovrebbe ricavare Bersani?Bersani è intelligente, l’ha dimostrato accettando la sfida di Renzi. Sono sicuro che si adopererà per riaprire quelle regole che hanno trasformato le primarie da strumento di apertura ai cittadini a mezzo per escluderne la maggioranza. Sarebbe paradossale se il segretario del Pd si facesse battere in democrazia da Berlusconi...
Lei voterà Renzi?La mia battaglia attuale è innanzitutto contro il pericolo che le porte aperte otto anni fa ora si chiudano. E, prima ancora, perchè non venga tradita la domanda che l’anno scorso raccogliemmo da un milione e duecentomila italiani per l’abrogazione del Porcellum. In ogni caso non voto Bersani: la sua ditta è sempre più lontana dalla mia linea politica. Il suo collettivo non è il partito che ho contribuito a fondare.
Bersani sta perdendo il voto moderato?Se il voto moderato è quello mio, certamente. Un voto che accetto di definire moderato solo perchè, come diceva Martinazzoli, sono consapevole del limite della politica e contrario alla sua pretesa di assolutezza, perché rivendico il primato della persona rispetto al collettivo, della società rispetto allo Stato, del cittadino verso ogni ditta ed oligarchia partitica.