Migranti. Parigi-Madrid, l'accoglienza che non funziona
La coscienza del tutto pulita proprio non ce l’ha nessuno nella Ue, sui migranti. A partire proprio da quei Paesi, come Spagna e Francia, che ieri hanno alzato la voce con l’Italia dopo il no del ministro dell’Interno Matteo Salvini ad accogliere i 629 migranti salvati dall’Aquarius. Madrid e Parigi, infatti, non hanno davvero dimostrato in questi anni di essere modelli di accoglienza e di integrazione. Sul versante iberico, le uniche frontiere terrestri tra l’Europa e l’Africa sono le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, a nord del Marocco. Proprio per questo motivo nelle due località, alla fine degli anni 90, Madrid costruì una doppia barriera di protezione alta sei metri costata 30 milioni e pagata in buona parte dall’Unione europea.
Qui i migranti vengono spesso feriti dalle guardie di frontiera nel tentativo di varcare la barriera lunga otto chilometri a Ceuta e 12 a Melilla (una circostanza ricordata ieri anche dallo stesso ministro dell’Interno italiano), che ha provocato la morte di almeno 4mila persone, annegate nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra. Come se non bastasse, l’ultimo rapporto del Jesuit Refugee Service ( JRS) sulle condizioni dei migranti nei Centri di identificazione e espulsione spagnoli, pubblicato la scorsa settimana, evidenzia una disparità di trattamento in base alla nazionalità.
Nel caso di migranti originari di Marocco, Colombia, Romania o Albania, rimpatri e espulsioni superano il 70% dei casi. Invece quelli provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana, il Jrs ha documentato che la maggior parte viene liberata dai Cie, «non rischia l’espulsione ma viene abbandonata a se stessa». In base agli ultimi dati del ministero dell’Interno iberico, inoltre, nel 2017 almeno 28.572 persone sono entrate senza permesso sul territorio nazionale, il doppio rispetto all’an- no precedente.
Più di 18 mila gli irregolari arrestati e 21.800 le espulsioni, per lo più di marocchini. Altro fronte aperto dalla decisione di Salvini sulla questione Aquarius quello con l’Eliseo. Tra Parigi e Roma le tensioni diplomatiche sulla gestione dei flussi migratori non sono certo una novità. Nel giugno 2015 al confine di Ventimiglia la Francia operò massicci respingimenti di migranti senza documenti in regola, provenienti dall’Italia, applicando l’Accordo di Chambery, trattato bilaterale franco-italiano, ma di fatto chiudendo la frontiera. Eppure i controlli sistematici predisposti dalle autorità francesi erano espressamente vietati dagli accordi di Schengen.
Parigi si difese accusando l’Italia di non rispettare l’obbligo di identificare i migranti con il rilevamento delle impronte digitali e di trasmetterle ad una banca dati europea come prevede l’accordo di Dublino. Lo scenario critico al confine franco-italiano si è nuovamente riproposto a partire dell’estate 2017. Lo scorso marzo, dopo essere stata respinta sulle Alpi francesi, una migrante nigeriana è morta dopo il parto in un ospedale torinese. Dopo lo 'sconfinamento' della polizia d’oltralpe fino a Bardonecchia, diversi cittadini francesi, italiani e svizzeri, presentati dai media come 'militanti' per averla soccorsa, vengono processati e incriminati dalla giustizia francese, accusati del reato di complicità all’immigrazione illegale.
L’emergenza migranti al confine tra Francia e Italia adesso si è spostata più a nord, nelle montagne della Valle della Roja. Un rapporto pubblicato lo scorso 5 giugno inchioda la polizia francese di Mentone, che gestisce i migranti in «condizioni indegne e irrispettose dei loro diritti», ha denunciato il Controllore generale dei luoghi di privazione della libertà (Cglpl), autorità indipendente francese. La frontiera è sigillata e l’obiettivo delle forze di polizia è il respingimento sistematico, persino dei minorenni.
Pugno duro anche contro i migranti che si trovano sul territorio francese, in attesa di documenti. La vicenda più nota è quella dello sgombero dell’immenso accampamento di migranti e rifugiati, la 'Giungla di Calais', nell’ottobre 2016. Nei mesi scorsi è tornata la tensione nella località affacciata sulla Manica, dove un nuovo insediamento abusivo è tornato a crescere. Per non parlare poi delle 35 operazioni di sgombero di campi migranti attuate negli ultimi tre anni a Parigi.
L’ultimo quello del Millénaire lo scorso 30 maggio, con un migliaio di migranti originari di Sudan, Somalia ed Eritrea sistemati in luoghi temporanei di accoglienza. Tra aprile e giugno, in più, Camera e Senato francesi hanno approvato una nuova legge asilo-immigrazione, un testo controverso presentato dai suoi detrattori come un «arsenale repressivo» contro i migranti.
Tra i punti più criticati la riduzione da 30 a 15 giorni della scadenza per far ricorso in caso di rifiuto della richiesta di asilo, il raddoppio da 45 a 90 giorni della durata massima di detenzione per i migranti illegali, e in alcuni casi l’obbligo di lasciare il territorio nazionale prima della fine dell’esame della domanda di asilo per quei migranti che fanno appello a un provvedimento negativo.