Istituto Don Gnocchi. Papà con la Sla accompagna la figlia all'altare
L'ingegner Giacomo Chimetti con la figlia Hannah
Ha voluto tornare apposta in Italia dal Michigan, negli Stati Uniti, per festeggiare col papà, affetto da Sla (sclerosi laterale amiotrofica), il giorno più bello della sua vita. Era più di due anni che non si vedevano a causa della pandemia. Così martedì scorso Hannah ha avuto un meraviglioso regalo di matrimonio: il genitore, non più in grado di camminare da solo, è riuscito ad alzarsi in piedi e l’ha accompagnata sorridente fino all’altare. La ragazza non se l’aspettava, non lo credeva possibile. Invece, grazie alla forza di volontà del padre e all’impegno dei fisioterapisti dell’Istituto “Don Gnocchi-Palazzolo” di Milano che lo hanno “allenato” e sostenuto, il «prodigio d’amore paterno» è diventato una realtà e sorprendendo parenti e invitati alla cerimonia.
Protagonista della vicenda, l’ingegner Giacomo Chiametti, 66 anni, ospite della struttura di cura e riabilitazione dal 2012: la malattia degenerativa a lungo decorso che lo ha colpito, oltre a impedirgli la deambulazione, gli ha inibito l’uso della parola. Per questo è un degente del reparto che accoglie persone con patologie neuromuscolari o disordini della coscienza e viene sottoposto a quotidiane terapie fisiche e logopediche. Ma lui è lucidissimo e si esprime scrivendo al computer. Il nucleo dell'Istoituto Don Gnocchi, nel quartiere milanese del Portello, è operativo da 20 anni (si tratta di uno dei primi reparti del genere in Lombardia) e dispone di 30 posti letto dotati di specifiche attrezzature.
Ed è accaduto, allora, nel fatidico giorno delle nozze, che il signor Giacomo ha aspettato l’arrivo della figlia all’ingresso della chiesa del Centro della Fondazione Don Gnocchi e, sorretto dagli operatori sanitari, si è alzato dalla sedia a rotelle. Poi, appoggiandosi a un girello, si è mosso a passo lento affiancando la figlia fino a raggiungere il promesso sposo, Mario, in fondo alla navata. E dopo il “sì” di Hannah e Mario di fronte ai testimoni e lo scambio delle fedi, si è svolta una grande festa a cui hanno partecipato parenti e amici degli sposi, ospiti e personale dell’istituto. «Giacomo l’ha voluto con tutte le sue forze – spiegano la responsabile del reparto, dottoressa Guya Devalle, la coordinatrice infermieristica Daniela Giudici e i terapisti Elisabetta, Luisa e Paolo –, ci siamo preparati ed esercitati per giorni, non è stato facile per lui, ma ce l’ha fatta. Il suo volto disegnava la fatica, ma nei suoi occhi abbiamo letto una felicità che ci ha tutti commossi...». Il rito religioso, in lingua inglese, è stato celebrato da padre René Manenti, parroco di Santa Maria del Carmine e missionario scalabriniano che ha vissuto per anni a New York. La liturgia è stata animata dal coro “Aquiloni” (è il nome del reparto), formato dai familiari di pazienti e diretto da Isabella Basile.
Oltre ad Hannah, il signor Chiametti è padre di Massimiliano, anche lui vive Oltreoceano. «I figli sono essenziali per me, Santo Padre, la carica che ogni giorno mi fa alzare e che mi tiene in vita... e quando vengono a visitarmi sono molto felice», aveva scritto l’ingegnere a papa Francesco in una lettera. E la risposta della Segreteria di Stato vaticana non si è fatta attendere: «Papa Francesco ha letto con attenzione la lettera a Lui pervenuta per il cortese tramite della reverenda suor Gabriella...». «Il nostro Dio non è un Dio assente – era scritto nel messaggio venuto da Roma – è invece un Dio “appassionato” dell’uomo, così teneramente amante da essere incapace di separarsi da noi; Egli cammina con noi e non ci abbandonerà nel tempo della prova e del buio».