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Migranti. Paesi “sicuri”, il decreto è stato impugnato davanti alla Corte Ue

Igor Traboni martedì 29 ottobre 2024

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin, in Albania

Sarà la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a definire meglio i contorni del recente decreto legge sui “Paesi sicuri”. La sezione immigrazione del Tribunale di Bologna, esaminando il caso di un cittadino del Bangladesh, ha infatti ritenuto «sussistenti» i presupposti per un rinvio pregiudiziale alla Corte con sede a Lussemburgo, per chiedere quale sia il parametro «sulla cui base debbono essere individuate le condizioni di sicurezza che sottendono alla designazione di un Paese terzo come paese di origine sicuro» e se sussista «sempre l'obbligo per il giudice nazionale di non applicare le disposizioni nazionali in caso di contrasto con la direttiva che riguarda le procedure comuni». In pratica, il Tribunale bolognese chiede se l'ordinamento europeo continui ad essere prevalente. E fa esplicito riferimento, come detto, al Bangladesh, ricordando che i casi in cui si riscontra la necessità di una protezione internazionale sono legati all'appartenenza alla comunità Lgbtqi+, alle vittime di violenza di genere, alle minoranze etniche e religiose, senza dimenticare i cosiddetti sfollati climatici.

Lo spirito del decreto, suggeriscono i giudici, avrebbe quindi il carattere di «un atto politico, determinato da superiori esigenze di governo del fenomeno migratorio e di difesa dei confini. Paradossalmente si potrebbe dire che la Germania sotto il regime nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell'Italia sotto il regime fascista. Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica».

La decisione del Tribunale bolognese è stata criticata da Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di FI, che parla di «un uso politico della giustizia», mentre per il costituzionalista Michele Ainis si tratta al contrario di « una strada praticabile per avere certezza di diritto su una vicenda che si presta a visioni contrapposte».

Rimanendo in tema di immigrazione, ieri Giorgia Meloni si è recata di nuovo a Tripoli, per la quarta volta da quando è premier e per la terza solo nel 2024, per un “business forum” con il primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah, che però ha visto subito trattato proprio il tema migratorio, con Italia e Libia insieme, «per combattere l'immigrazione illegale di massa e per garantire il diritto a non dover emigrare», collaborando, ha aggiunto Giorgia Meloni, anche «per favorire i canali di immigrazione legale», con il governo italiano che «ha portato avanti un decreto flussi triennali per 450mila ingressi. Ma chiaramente - h aggiunto - questi meccanismi funzionano solamente se i due sistemi produttivi delle nazioni che stanno operando si parlano, se a monte c'è incontro tra domanda e offerta, se c'è un lavoro di formazione».

Con il primo ministro libico, ha poi rimarcato Giorgia Meloni con un post su X a visita conclusa, «abbiamo affrontato il tema della gestione dei fenomeni migratori, dove ho sottolineato la necessità di intensificare gli sforzi nel contrasto al traffico di esseri umani e, al contempo, di rafforzare la cooperazione con le Nazioni d'origine e di transito nel quadro del Processo di Roma e del Trans-Mediterranean Migration Forum di Tripoli dello scorso luglio. In conclusione d'incontro, unanime è stata anche la volontà di collaborare con l’obiettivo di creare partenariati egualitari con le Nazioni africane nella cornice dei progetti concreti avviati dal Piano Mattei per l’Africa».

Per quanto concerne invece più da vicino l’aspetto squisitamente commerciale della visita, è arrivato l’annuncio che dal 2025 Ita Airways tornerà a collegare le due nazioni, primo Paese europeo a ripristinare i collegamenti e con l’Italia impegnata nel completamento dell’aeroporto di Tripoli. Sono stati inoltre siglati 8 accordi commerciali di cooperazione, come quello con Todini per il completamento dell’autostrada costiera libica e per regolare le varie attività dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo nei settori agroalimentare, energia e fonti rinnovabili, tecnologia sanitaria e industria farmaceutica, edilizia e infrastrutture, formazione per gli esportatori.