Covid. Addio a padre Meda, il missionario del Pime che inventò l'adozione a distanza
Padre Mario Meda
La Birmania era stato costretto a lasciarla più di cinquant’anni fa. Ma nel cuore l’aveva sempre custodita. Già malato da tempo, dalla pandemia in questi giorni è stato portato via anche padre Mario Meda, missionario del Pime di 93 anni residente nella casa dei missionari anziani a Rancio di Lecco.
Nativo di Desio, ordinato sacerdote dal cardinale Schuster nel 1954, padre Meda è il missionario che per primo più di sessant’anni fa lanciò il Sostegno a distanza, una forma di solidarietà col tempo poi fatta propria da tante associazioni e Ong.
Era il 1958 quando in quello che oggi è il Myanmar l’allora vescovo Ferdinando Guercilena aveva affidato a padre Mario i ragazzi della grande scuola intitolata a San Luigi a Kengtung. Questo missionario ebbe l’intuizione di affidare a una famiglia di benefattori il sostegno di un singolo bambino in un Paese lontano, creando così un legame. La prima fu una famiglia americana vicina alla comunità dei missionari del Pime a Detroit. Quando però per padre Meda nel 1966 arrivò la dura prova dell’espulsione dalla Birmania, decretata dal regime socialista per tutti i religiosi stranieri entrati nel Paese dopo il 1948, fu dal Centro di animazione missionaria di Milano che rilanciò la sua intuizione.
In forma strutturata al Centro Pime il Sostegno a distanza partì nel 1969: in un’epoca in cui non esistevano gli strumenti informatici di oggi per gestire i database, da Milano padre Meda insieme al confratello padre Mauro Mezzadonna (anche lui scomparso due anni fa) con le loro schedine cartacee arrivarono a mettere in relazione anche 17mila donatori con una bambina o un bambino segnalato dalle missioni del Pime in tutto il mondo.
"Adozioni d’amore a distanza", le chiamavano allora: un impegno per il quale nel 2004 padre Mario Meda fu anche ufficialmente premiato con l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza cittadina milanese, che gli fu consegnata dall’allora sindaco Gabriele Albertini. Ed è una forma molto concreta di fraternità che al Centro Pime continua tuttora, sostenendo non solo i bambini in missione, ma anche i giovani nei loro studi, i disabili, i seminaristi.
Padre Mario non poté mai tornare al suo apostolato in Birmania; attraverso il Sostegno a distanza, però, continuò a spendersi in maniera particolare per le famiglie che era stato costretto a lasciare. E tra le sue gioie vi fu anche quella di poter vedere uno dei suoi ragazzi, Peter Louis Ca Ku, diventare il vescovo di Kengtung nel 2001.
A Milano intanto padre Meda viveva un’altra frontiera del tutto particolare della missione: quella della misericordia, come confessore nel Duomo.
E proprio in una lettera al direttore di "Avvenire" qualche anno fa aveva raccontato di quella volta in cui uno sconosciuto penitente gli aveva consegnato un pacchetto di lingottini d’oro: «Offro i miei risparmi per i poveri lebbrosi», gli aveva detto. Finirono a sostenere sette lebbrosari del Pime in Asia, uno in Africa e quello fondato da Marcello Candia in Amazzonia. «Dio avrà riservato un posto in prima fila all’anonimo donatore in Cielo», commentava padre Mario. (Leggi la lettera di padre Meda CLICCA QUI)