Attualità

Uccisa nel 1994. Da Ossigeno per l'informazione una giornata nel ricordo di Ilaria Alpi

M.M. lunedì 21 marzo 2022

Fu uccisa per un’inchiesta su un traffico di armi e rifiuti tossici in Somalia, freddata assieme al suo operatore, Miran Hrovatin , mentre cercava la verità, quella che ancora manca anche sulla sua morte. A 28 anni dal suo assassinio, Ilaria Alpi resta un esempio e una testimonianza di quello che dovrebbe essere il giornalismo. Un simbolo al quale il mondo dell’informazione e della politica hanno voluto rendere omaggio. Ieri, giorno dell’anniversario del suo omicidio, con il ricordo della presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e l'inaugurazione di un'installazione dei colleghi della Rai a Saxa Rubra. E poi anche oggi, con il convegno organizzato alla Casa del Jazz di Roma dalla Onlus Ossigeno per l’informazione, da sempre impegnata nella tutela dei reporter minacciati e nella sensibilizzazione sui temi legati alla libertà di stampa e al diritto di cronaca.


La vicenda di Ilaria Alpi è emblematica di una condizione vissuta ancora oggi da molti suoi colleghi, costretti a subire intimidazioni, minacce, attentati e querele mentre svolgono il proprio lavoro, ma nonostante questo ancora non tutelati a dovere: «Ci vogliono strumenti giudiziari adatti per indagare sulle morti dei giornalisti. Servirebbe l'istituzione di una Corte internazionale o investire di questo compito la Corte internazionale dell'Aja, che già ha competenza per i crimini di guerra - ha detto Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l'Informazione, inaugurando la conferenza -. Bisogna superare il problema di quella che un tempo si chiamava ragion di Stato, mentre oggi ci si riferisce a ragioni di opportunità politica, rapporti diplomatici o economici per non disturbare affari in corso. Lo abbiamo capito studiando a fondo il caso di Andrea Rocchelli, ucciso in Ucraina nel 2014».

Spampinato ha poi deposto una corona di fronte alla lapide con i nomi di 900 vittime innocenti della mafia (oggi è anche la giornata della memoria in loro ricordo) e al pannello murale dedicato a 30 giornalisti italiani uccisi. «Quando si uccide un giornalista in una zona di guerra prevale un senso di fatalità, invece bisogna stabilire che non sia stato commesso un omicidio. E in molti casi è stato così - ha continuato il presidente di Ossigeno -. Ma la giustizia deve fare la giustizia. Noi vorremmo che Roma, la città di Ilaria, facesse di più per lei». Sono 15 i giornalisti uccisi dall’inizio dell’anno in tutto il mondo, 58 quelli ammazzati nel 2020 e 57 nel 2019. I reporter italiani vittime del loro lavoro sono invece 30, di questi,19 sono stati colpiti in zone di guerra mentre altri 11 sono stati condannati dalle mafie.


Ieri, alla Rai è stata poi inaugurata una panchina alla memoria della giornalista e dell'operatore del Tg3 nel complesso di Saxa Rubra. Un momento della due giorni di iniziative che Fnsi, Usigrai, il Cdr del Tg3 e l'associazione Articolo21, assieme al "Comitato Giustizia e Libertà Ilaria Alpi", hanno voluto organizzare per tornare a chiedere verità e giustizia sulla sua morte.

«Una informazione libera, rigorosa e indipendente può fare paura a tanti e può costare tutto a chi intende difenderla fino in fondo - si legge invece in un comunicato diffuso dallo staff di Casellati -. Il sacrificio di Ilaria e Miran e dei tanti giornalisti che, in diversi contesti di rischio e di conflitto, hanno dedicato la vita alla propria missione professionale sia di monito e di esempio per ciascuno di noi. Ci insegni a preservare e promuovere la libertà di stampa come un valore coessenziale alla democrazia sostenendo il coraggio dei tanti operatori che anche ora in Ucraina sono sul campo per dare a tutti noi gli strumenti per comprendere e valutare la realtà».