Attualità

IL RAPPORTO. «Spesa sanitaria da rimodulare»

Alessia Guerrieri martedì 4 dicembre 2012
«La sanità non è un lusso». Di questo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è convinto e lo ha ribadito ricevendo al Quirinale una delegazione della Fondazione Don Gnocchi. La sanità pubblica deve invece essere ripensata «in vista di una rimodulazione» e di «adattamenti di cui dobbiamo avere consapevolezza», insiste il premier Mario Monti, perché «dobbiamo imparare a gestire il divenire del processo demografico in corso in modo più efficiente». Sono strade parallele quelle imboccate dai due presidenti che quando parlano di ospedali e cure non riescono a trovarsi in sintonia perché la Costituzione «tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo», ma la crisi economica e il deficit spingono a limitare le spese anche là dove i tagli possono ridurre i servizi essenziali e mettere a rischio il welfare. A offrire una via d’uscita per salvare il servizio sanitario nazionale è il presidente dell’Aiop (associazione che rappresenta 500 strutture private), Gabriele Pelissero, che propone un’alleanza tra pubblico e privato al fine di studiare «un progetto di salvataggio finanziario». E indica anche un nuovo percorso di cura «universale, solidaristico e pluralistico», che però ritrovi maggiore trasparenza nei processi e nei costi, con l’attuazione di un tariffario che corrisponda ai prezzi effettivi delle prestazioni, sotto il controllo di un organo di vigilanza super partes. Il tutto per avere un’efficacia dei risultati misurabile e un’omogeneità maggiore delle prestazioni nei territori. Sulla necessità di difendere e salvaguardarw la vita e la dignità delle persone anziane, e quindi sul bisogno di un patto generazionale che aiuti a superare particolarismi ed egoismi, Napolitano e Monti ritrovano poi sintonia. Il premier, infatti, come proseguendo il ragionamento del Colle, ha spronato tutti a vincere e superare la chiusura mentale al cambiamento, a gettare alle ortiche quel conservatorismo che non è solo degli anziani ma che invece attraversa le generazioni e sbarra la strada al rinnovamento. Compreso quello del sistema sanitario che però, seguendo la logica unica dei tagli lineari rischia di minare il diritto alla salute e peggiorare la situazione per i cittadini che «vedrebbero allungarsi le liste d’attesa». L’allarme dell’Aiop è dovuto alle recenti sforbiciate imposte alla sanità dalla manovra Tremonti prima, dalla spending review e dalla legge di stabilità del governo Monti, poi. Nei prossimi due anni, infatti, strutture pubbliche e private accreditate, per lo più le seconde, vedranno arrivare nelle loro casse 14 miliardi di euro in meno. Tutto questo però, sostiene l’Aiop nel giorno della presentazione del decimo rapporto Ospedali e Salute, potrebbe significare mettere in discussione la sostenibilità delle prestazioni e anche la stessa apertura di alcune aziende. Oltre 250 cliniche private accreditate, difatti, sarebbero costrette a chiudere se il decreto sugli standard ospedalieri, ora in discussione in conferenza Stato-Regioni, restasse così com’è. Il testo, che prevede la soppressione delle strutture con meno di 80 posti letto, intacca presìdi medici in cui tuttavia lavorano 12mila persone e vengono ogni anno ricoverati 300mila pazienti. Quel che è certo, intanto, è che nell’ultimo biennio ad esser messi sotto pressione sono stati soprattutto i pazienti, che hanno visto crescere i ticket sui servizi dell’11% e quelli sui farmaci del 13%. Eppure agli italiani, nell’85% dei casi, non interessa chi eroga il servizio, basta che sia vicino alla propria casa, con un breve tempo di attesa e con un alto standard di qualità. Il panorama dell’ospedalità fa emergere un contesto che fa riflettere: il privato copre un quarto delle prestazioni complessive a fronte del 15% dell’intera spesa. In sostanza, cioè, gli ospedali privati ricevono fondi pubblici per 8,9 miliardi di euro contro i 51 miliardi delle strutture pubbliche ed erogano il 26,9% delle giornate di degenza (oltre 18 milioni contro gli 51 delle strutture statali). Il giudizio complessivo, in ogni modo, salva entrambi: il 92% dei 4mila intervistati è soddisfatto delle cliniche accreditate così come l’88% lo è degli ospedali pubblici. Una situazione che potrebbe però non durare a lungo. Se l’Aiop ipotizza la paralisi di taluni ospedali, la federazione Asl e Ospedali statali (Fiaso) teme anche l’impossibilità di pagare le tredicesime e i fornitori che aspettano persino da mille giorni. «Ci sono situazioni diverse da regione a regione - premette il presidente Giovanni Monchiero - comunque gli stipendi sono la prima cosa che salderemo».