Questa è la storia di un bambino che ha rischiato di finire schiacciato, come tanti, in una guerra civile. Quella che da anni insanguina la Repubblica centrafricana. E di come - per un colpo di fortuna o per volere della Provvidenza - abbia incontrato i medici di uno dei migliori ospedali pediatrici, che lo hanno aiutato a rimettersi in piedi. Tutto comincia quel 4 novembre 2015. Christy, 10 anni, si trova, come tutte le mattine, sul pullman che lo porta a scuola. Zaino in spalla, merenda in mano e in testa la lezione su cui la maestra lo interrogherà. Ma alcuni soldati armati irrompono sullo scuolabus e iniziano a sparare con le mitragliatrici sui passeggeri. Tra di loro, tanti bambini. Una raffica raggiunge Christy alle gambe. Il bambino cade, tra i corpi feriti dei suoi compagni di viaggio. Capisce che per sopravvivere -
«Non mi sento più le gambe, ce le ho ancora? Dove sono i miei amici?» - deve fingersi morto anche lui.
Chiude gli occhi, e aspetta.Aspetta che il rumore delle mitragliate si faccia più lontano. Poi solleva una mano, un braccio, cerca qualcuno che possa portarlo via da quell'incubo. Una donna lo prende con sé, lo porta all'ospedale di Bangui. Devono ricoverarlo, è gravemente ferito: fratture esposte alle gambe, con lesioni nervose e vascolari.
In quell'ospedale del Centrafrica rimarrà per un anno. I medici gli curano le gravi infezioni alle gambe e le fratture esposte del femore destro e della tibia sinistra.Ma il problema di Christy è più serio: dal giorno in cui è salito su quel pullman, ha smesso di camminare. E lì, a Bangui, non hanno mezzi e risorse da offrirgli per guarirlo. Ma quell'ospedale ha in serbo qualcosa di molto prezioso per lui. Un'opportunità gli si presenta un giorno, quando consegna una lettera a
un amico di Papa Francesco, in occasione della visita del Pontefice - a fine novembre 2015 - all'ospedale pediatrico della capitale Centrafricana.In quella lettera c'è scritto: «Aiutami». E q
uell'aiuto arriverà, grazie ai progetti di solidarietà internazionale del Bambino Gesù, con i quali l'Ospedale accoglie bambini in condizioni disagiate o affetti da patologie molto complesse. La richiesta di Christy si trasforma in un'accoglienza gratuita. Quando nel dicembre del 2016 arriva in Italia, a Palidoro, alle porte di Roma, Christy è sulla carrozzina. Presenta una grave deformità alle gambe e un accorciamento del femore destro. Una parte della tibia sinistra manca. Inoltre è affetto da una gravissima osteoporosi, provocata dall'immobilità. Oltre a una paralisi totale del nervo sciatico destro. Christy viene quindi sottoposto a un complesso intervento di correzione delle deformità, grazie al quale riacquisisce un'anatomia corretta e una solidità strutturale, con l'aiuto di una moderna tecnica di allungamento mediante chiodo endomidollare magnetico. Nel frattempo, con tanta forza di volontà, comincia la fase di riabilitazione. L'amore e la pazienza dei terapisti e dei medici neuroriabilitatori di Palidoro e Santa Marinella, unite alla grande voglia di questo "piccolo uomo" di andare avanti, gli permettono di rimettersi in piedi. Prima con l'aiuto delle stampelle poi, piano piano, senza assistenza. E inizia a muovere i suoi "secondi" primi passi.Non parla dell'incidente Christy: «Se ne parlo, poi non riesco a dormire
». Ma ha ricominciato a frequentare le lezioni scolastiche. Le maestre della scuola in ospedale organizzano corsi individuali prima, e collettivi dopo, insieme ad altri bambini della sua età. Impara l'italiano, si affeziona a qualche compagno di avventura. Si sente a casa. In ospedale fa la Prima Comunione. Avrebbe dovuto riceverla a casa sua, in Africa. Ma le cose sono andate diversamente. Così, il personale dell'Ospedale organizza per lui una grande festa: la cerimonia, i regali, il rinfresco.Ora Christy sta molto meglio. Vorrebbe fermarsi in Italia: ha paura della guerra. «Eppure - dice - la mia famiglia è lì. E io ho bisogno di loro
». Lasciare amici, medici, infermieri, volontari e maestre è dura: «
Mi mancherete, amici miei. Mi mancherete tanto», dice piangendo mentre esce dall'Ospedale. Ora cammina da solo, aiutato un po' dalla nonna, che in questo anno e mezzo non l'ha mai lasciato. Poi un sorriso: «Però noi africani cuciniamo molto meglio di voi!». Buon rientro a casa, Christy. Bambino come tanti. Ma con una forza straordinaria.