INTERVISTA. Oscar Giannino (Fare): «Un punto di Pil per la natalità»
Quali priorità indicate?Per prima cosa dobbiamo chiederci quali incentivi dare per diminuire il contrasto che lo Stato esercita verso chi fa o vuole fare figli. Il problema italiano è evidente: se prendiamo i quattro decili delle famiglie che stanno peggio, in Francia la pretesa fiscale dello Stato per chi ha due figli è più bassa del 40% rispetto all’Italia, inferiore del 50% al terzo figlio. Il secondo scandalo italiano da affrontare è la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche perché sappiamo che dove questa è maggiore la curva demografica è più alta.A che tipo di soluzioni pensate?A differenza dei Paesi meno ostili alla natalità, in Italia il soggetto tributario non è la famiglia, ma il singolo contribuente. Si tratta di una scelta sbagliata del legislatore, perché nella nostra società è la famiglia la prima cellula integratrice dei redditi. Potendo cambiare questa impostazione si dovrebbe passare a tappe graduali, e partendo dai redditi bassi, a un sistema di quoziente familiare. Se questa rivoluzione non fosse possibile, allora andrebbero triplicate le detrazioni per i figli a carico.Dato che si tratta di un punto di Pil almeno, circa 15 miliardi, dove pensa di trovarli?Tra molte strade possibili ne indico tre. Ogni anno lo Stato dà 5 miliardi alle Poste perché garantiscano il servizio universale. È ancora una priorità? Diamo quei soldi alla famiglia e in cambio concediamo alle Poste la piena licenza bancaria. Una cifra di poco superiore va alle Ferrovie dello Stato, e se dovessi scegliere tra le famiglie e l’apertura della concorrenza nelle tratte locali non avrei dubbi. Siamo già a due terzi dell’obiettivo. Poi c’è quasi un punto di Pil che si perde nelle diverse forme di incentivi alle imprese dati dalle Regioni, aiuti spesso a fondo perduto e dei quali si perdono le tracce. Diminuiamo questo spreco di un terzo, e ce l’abbiamo fatta. È solo questione di volontà.Nel vostro programma si parla anche di intervento sulla previdenza...Il welfare va ricalibrato incentrandolo sulle vere vittime: la famiglia, le piccole imprese, i giovani e le donne. Le ultime riforme hanno stabilizzato la crescita dei costi previdenziali, ma la spesa resta al 16% del Pil, quasi tre punti più della media Ue. Ora, lo 0,4% dei pensionati si porta a casa il 12-15% del totale della spesa previdenziale: non sarebbe uno scandalo intervenire sulle pensioni alte erogate ancora col sistema retributivo, cioè gli assegni oltre 4.000 o 4.500 euro.Promettere per la famiglia non è troppo facile?Sulla famiglia, come sul debito e le tasse, il centrodestra ha fallito. Tremonti ha prodotto zero. Il fatto è che certi temi portano voti facili, sia che si parli di famiglia società naturale definita dalla Costituzione, sia che si conduca il dibattito nell’ambito dei diritti civili. Lo scontro ideologico e sui valori lo comprendo, ma umilmente considero che non pone mai al centro il tema dello Stato che contrasta la natalità o la conciliazione tra famiglia e lavoro. Negli ultimi sei anni, tra i governi Berlusconi e Prodi, le famiglie costrette a intaccare i risparmi per arrivare a fine mese mantenendo lo stesso tenore di vita sono passate dal 12 al 32,8%. Questo è un segno reale di forte sofferenza del Paese. Al welfare serve una rivoluzione, per rilanciare la fecondità e invertire la curva demografica.