Attualità

BISCA ITALIA. Ordinanza del Tar: su slot e sale gioco decidano i sindaci

Antonio Maria Mira lunedì 28 gennaio 2013
​Sono incostituzionali le leggi che «escludono la competenza dei comuni ad adottare atti normativi e provvedimenti volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco». Leggi che, oltretutto, «determinano una situazione di assenza di principi normativi a contrasto della patologia riconosciuta della ludopatia». E in questo modo, quindi, «la normativa vigente non tutela la salute pubblica». Lo scrive il Tar del Piemonte nell’ordinanza che chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare incostituzionali l’articolo 50 comma 7 del decreto legislativo n.267 del 18 agosto 2000 e l’articolo 31 comma 1 del decreto legge n.201 del 6 dicembre 2011, che di fatto bloccano gli interventi dei comuni sulle sale gioco o sugli altri esercizi commerciali che ospitano slot machine. Ordinanza che è stata depositata nei giorni scorsi e che sarà discussa dalla Consulta nelle prossime settimane. Una decisione che potrebbe cambiare nettamente le possibilità delle amministrazioni comunali nel regolamentare il gioco.Tutto nasce dal ricorso presentato da tre titolari di esercizi commerciali contro un’ordinanza del 2012 e il regolamento del 2011 del comune di Rivoli (Torino) che volevano porre delle restrittive regole al gioco d’azzardo. In particolare sull’orario di apertura delle sale da gioco e, per quanto riguarda gli esercizi commerciali (bar, ristoranti, circoli privati, tabaccai, ecc.) che detengono giochi, sull’orario di attivazione di queste apparecchiature (dalle 12 alle 23). Al di fuori di tali orari i giochi devono essere spenti. E questo, come si leggeva nell’ordinanza del sindaco di Rivoli, a «tutela delle fasce deboli della popolazione» e per «porre un argine alla disponibilità illimitata, o quasi, delle offerte di gioco, soprattutto per quanto riguarda l’orario notturno e il mattino, ovvero i periodi della giornata in cui si manifestano con più evidenza i fenomeni di devianza e emarginazione sociale legati alla tossicodipendenza, all’alcolismo, all’isolamento relazionale da parte di soggetti appartenenti ai ceti più disagiati e privi delle ordinarie occupazioni legate al lavoro o allo studio».Il Tar, in un primo tempo, non sospende la validità dell’ordinanza come richiesto dagli esercenti, in quanto le norme che la dovrebbero annullare sono in «contrasto con le norme costituzionali in materia di autonomia degli enti locali e della salute delle classi più deboli della cittadinanza». In particolare con gli articoli 32 e 118 della Costituzione. Poi entra nel merito delle norme che, in nome della libertà di concorrenza, e quindi anche di apertura degli esercizi commerciali, impedisce ai sindaci di intervenire sul gioco. E questo perché, scrive il Tar, «nell’attuale disciplina al Comune è sottratta la funzione di limitare la localizzazione e la fascia oraria di utilizzo e funzionamento degli apparecchi da gioco». Ma in questo modo, denunciano i giudici, si determina «una situazione di assenza di principi normativi in contrasto della patologia riconosciuta e denominata "ludopatia"». Dunque soltanto dichiarando incostituzionale tali norme, e quindi «riconoscendo una specifica funzione di contrasto al fenomeno patologico agli enti locali, in applicazione dei principi di prossimità con la collettività e di sussidiarietà tra amministrazioni pubbliche, si doterebbe l’ordinamento giudico di strumenti» per «un’azione amministrativa funzionale a porre un argine alla disponibilità illimitata delle offerte di gioco». Il Tar cita l’indagine conoscitiva della commissione Affari sociali della Camera con la richiesta proprio di potenziare funzioni e competenze dei comuni consentendo «di approntare un’efficace tutela dei diritti personali e patrimoniali dei soggetti più deboli». E «contribuire al contrasto dei fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, dal momento che la moltiplicazione incontrollata delle possibilità di accesso al gioco costituisce di per sé un obiettivo accrescimento del rischio di diffusione dei fenomeni di dipendenza». Anche perché non appare sufficiente», rimarca il Tar, quanto previsto dalla legge di stabilità 2011 che delega non ai Comuni ma ai Monopoli di Stato, di concerto col ministero della Salute, la predisposizione di linee d’azione per contrastare la ludopatia. Oltretutto, accusa il Tribunale, si «mira a salvaguardare esclusivamente la stabilità del gettito tributaria a sacrificio di interessi di rango superiore».