Coronavirus. Moratti: «Ora ripartire da salute, scuola e lavoro»
La vicepresidente di Regione Lombardia Letizia Moratti
«Mai più. Non voglio vedere mai più quelle scene di angoscia e sofferenza di chi ha dovuto lasciare durante i mesi più duri della pandemia i propri cari in ospedale senza poterli nemmeno salutare. Non voglio vedere mai più situazioni che hanno portato molte persone a non ricevere un’assistenza domiciliare che invece avrebbero dovuto avere...». A nemmeno un mese dalla sua nomina («Mi ha chiamato il presidente Attilio Fontana») a vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti incontra Avvenire – il direttore Marco Tarquinio e chi firma questa intervista – per fare il punto sull’evoluzione della situazione epidemiologica che sta colpendo la Lombardia e l’Italia, ma anche per indicare quali, a suo parere, possono essere gli architravi su cui fondare il rilancio della Regione e del Paese in un momento così delicato come quello attuale. «Mario Draghi è una scelta eccellente – dice Moratti –. Abbiamo bisogno di un governo che esprima autorevolezza a livello europeo, stabilità e che coniughi i bisogni immediati dei cittadini: salute, istruzione e lavoro, con una visione di lungo periodo e di insieme, con capacità di interagire in ambiti e aree diverse e di bene comune». Il tutto con un reale cambio di paradigma: «Nell’enciclica Laudato si’, papa Francesco parla di alleanza tra essere umano e ambiente. Sono convinta – argomenta la vicepresidente di Regione Lombardia – che un pianeta più sano contribuisce direttamente a una popolazione più sana. Insomma, un’idea 'One Health' che si basa sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema siano legate indissolubilmente. Lo squilibrio causato dall’uomo nell’ecosistema ci obbliga oggi a profonde riflessioni e alla responsabilità di promuovere una cultura della cura della persona che tenga assieme e faccia interagire i temi della salute e dell’ambiente».
Dottoressa Moratti, si parla tanto di risorse per la Sanità italiana, Regione Lombardia come intendete intervenire sul governo, magari insieme agli altri enti, per sollecitare fondi per le riaperture delle assunzioni per il personale sanitario, medici e infermieri?
Ci siamo già attivati per le as- sunzioni, così come sulle vaccinazioni abbiamo proposto la contrattualizzazione degli specializzandi in sede di Conferenza Stato-Regioni in un dialogo costruttivo tra istituzioni.
Le persone over 65 e i fragili, le più esposte al Covid, in Lombardia entro quando saranno vaccinate?
Il Piano massivo di vaccinazione che stiamo perfezionando prevede entro pochi mesi la vaccinazione di 6,6 milioni di cittadini lombardi (su oltre 10 milioni di residenti, ndr). Un’impresa enorme che necessita di una grande orga- nizzazione e che vogliamo ultimare entro l’estate anche grazie al lavoro di coordinamento che si avvarrà delle competenze di Guido Bertolaso. Terminata la prima fase che riguarda gli operatori sanitari e altre categorie prioritarie, 340mila persone, procederemo da fine febbraio alla vaccinazione degli over 80, 700mila persone, e poi al milione di cittadini con plurimorbilità, tra questi circa 570mila over 65 anni. Questo ovviamente in base alla disponibilità del vaccino, che dipende dalle aziende farmaceutiche e dal governo, quindi in questo momento è ancora presto per dare date precise e definitive oltre a quella che abbiamo annunciato per l’inizio della vaccinazione degli over 80 a fine febbraio. Tra le categorie prioritarie per me c’è il mondo dell’educazione, come gli insegnanti o gli educatori degli oratori.
Lei è assessore da un mese: che idea si è fatta della Sanità lombarda?
A dire la verità è un po’ meno di un mese, se sembra di più si vede che stiamo lavorando tanto. Il valore della Sanità lombarda sta nella grande qualità delle prestazioni erogate. Il sistema lombardo, inoltre, offre ai suoi cittadini la libertà di scegliere, cioè di orientarsi verso chi offre un servizio migliore, pubblico o accreditato che sia, in modo sussidiario. Da rafforzare, invece, c’è sicuramente la medicina di prossimità che deve avvenire appunto senza cancellare le esperienze ospedaliere sempre e comunque punto di riferimento per la popolazione, ma rafforzando, e non è solo un esempio, il ruolo dei medici di medicina generale, anche aiutandoli ad associarsi tra di loro, cosa che permetterebbe una migliore presenza e copertura del territorio.
Quando si è insediata, lei ha parlato di riforma della Sanità regionale…
Non parlerei di nuova sanità, ma di adeguamento alle mutate condizioni. Il metodo che sto seguendo è quello dell’ascolto e del dialogo con le realtà sociali, politiche, sindacali, di categoria, le università, il volontariato e il terzo settore, fino ai semplici cittadini che mi scrivono quotidianamente offrendo suggerimenti ed idee.
La pandemia ha colpito duro nelle Rsa: vanno ripensate?
Bisogna premettere che questo tipo di virus si è rivelato particolarmente aggressivo e pericoloso per gli anziani, e questo ovunque si trovassero. Ci sono Rsa che funzionano bene e hanno continuato a prendersi cura dei loro assistiti anche nei momenti più difficili della pandemia. In Lombardia parliamo di 711 strutture di cui 664 a contratto, 32 accreditate e 15 autorizzate. Tuttavia è una rete socio assistenziale il cui modello va costantemente aggiornato.
Non va dimenticata la lotta alle dipendenze. Dove intervenire e con quali strumenti?
Le dipendenze annullano il valore delle persone e minano la loro integrità fisica e psichica, integrità che è dovere della sfera pubblica tutelare. Per poter realizzare le fasi di prevenzione, cura e recupero, occorre avere servizi che garantiscano la piena riabilitazione. A livello di prevenzione in Lombardia occorre moltiplicare l’informazione sui danni personali, familiari e sociali che producono le diverse dipendenze. Proprio per questo intendiamo, tra gli altri impegni, rafforzare la legge regionale contro l’azzardo.