Attualità

IL VERTICE. Un patto senza fisco «Ora avanti fino al 2013»

Marco Iasevoli martedì 7 giugno 2011
Alle 17.25, mentre gli uomini del Carroccio scappano da Arcore con la bocca cucita, si presenta ai cronisti, in un completo grigio sfoggiato per la sua prima riunione squisitamente politica, solo il neosegretario del Pdl Angelino Alfano. «Tutto bene, tra Berlusconi e Bossi l’alleanza è solida, abbiamo rinnovato la volontà di andare fino al 2013...». Poi la frase rivelatrice sulla politica economica: «Abbiamo confermato l’obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2014, secondo le regole Ue». Vuol dire che ci sarà una manovra economica pesante a breve, come vuole Tremonti. E la riforma fiscale? E il tentativo congiunto di convincere il "superministro" a mettere mano alla cassa e ridurre le tasse? «Non siamo entrati nei dettagli».Mentre il Guardasigilli a tempo parla (rimarrà al dicastero finché il Consiglio nazionale Pdl non ne notificherà la nomina a segretario), il Cavaliere sta già facendo rotta verso Roma. In serata arriva a palazzo Grazioli, tappa intermedia verso piazza di Siena, dove partecipa alla festa dei Carabinieri: «La riforma fiscale è calendarizzata, per le risorse poi vedremo che fare», dice con sorriso rassicurante ai cronisti che lo attendono. Pochi minuti dopo sarà più netto: «L’accordo sulle tasse con Bossi e Tremonti c’è, assolutamente». Ancora più tardi, però, preciserà: «Noi vogliamo sempre tagliarle, bisogna vedere se le condizioni lo consentiranno». Altro però non può dire, perché davvero nulla di preciso sui tempi e sui contenuti si è deciso. E allora meglio rifugiarsi nel dato politico, nell’ennesima tregua siglata con il Carroccio: «Con la Lega va tutto bene, arriviamo a fine legislatura. I referendum? Non temo nulla, nemmeno sul legittimo impedimento, ci adegueremo a quello che decide l’opinione pubblica». E sul candidato - premier nel 2013 si è detto qualcosa? La risposta, che lo chiama in causa in modo diretto, è secca: «No». Poi via dai cronisti, perché per il resto «ha detto tutto Angelino».Un passo indietro. A mezzogiorno Gianni Letta, con una delle sue frasi-lampo, annuncia: «Sarà una giornata calda, e non solo per il meteo». Due ore dopo, alle 14, in dodici si chiudono per tre ore e passa in un’ampia stanza di villa San Martino ad Arcore. A fianco al premier ci sono il "neo-generale" Alfano e il deputato - avvocato Niccolò Ghedini. Il Senatur arriva con il figlio Renzo, i ministri Calderoli e Maroni, i parlamentari Reguzzoni e Giorgetti (il plenipotenziario per i padani sull’economia), il governatore piemontese Cota. In mezzo - metaforicamente - c’è Tremonti, l’uomo da cui si aspettano le risposte. A fare da pontiere l’ex ministro Aldo Brancher. Il parterre indica già i temi affrontati: l’economia, le riforme, la giustizia. Si cerca di archiviare con una mediazione anche la questione dei ministeri spostati al Nord: l’ipotesi è spostare in Padania «uffici altamente operativi». Ma il punto sono le tasse. Giulio non chiude ma rinvia. Silvio e Umberto > ne traggono l’ovvia conseguenza: senza una frustata subito, e nella speranza che le promesse del Tesoro siano mantenute, è mutua convenienza arrivare al 2013, perché andare alle urne prima, senza l’atteso aiuto alle tasche dei cittadini, sarebbe «un autogol», come dicono tutti.Mentre si stringono la mano, i dodici decidono che l’onere di parlare con la stampa tocchi al neo-segretario politico Alfano. Che non si sottrae. «No, non si è assolutamente parlato dell’ipotesi di nominare due vicepremier». E del suo successore a via Arenula? «Se ne parlerà nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, quando entrerò in carica nel mio ruolo». Poi cerca lui di indirizzare la lettura del vertice: «Ci siamo ridetti come questa sia la coalizione in grado di assicurare all’Italia governi che durano cinque anni, noi assicuriamo una stagione di riforme, non come la sinistra... si è ulteriormente rafforzata la volontà di andare avanti e concludere questa legislatura, siamo una squadra collaudata».Lasciata Arcore, il Senatur e i suoi si rifugiano nella sede di via Bellerio, in silenzio. In tarda serata, filtra una voce: Bossi avrebbe detto chiaro e tondo al premier di preparare anche un piano B. Ovvero di tenersi pronto anche alle elezioni politiche anticipate, nel 2012. Perché, avrebbe spiegato il senatur, dopo «la sberla» delle comunali non possiamo permetterci di prendere «un cazzotto» e «finire ko». Pare che Berlusconi abbia lasciato cadere il discorso...