Ancora un anno di tempo. Dodici mesi per scrivere la parola fine sugli ospedali psichiatrici giudiziari. Un tempo supplementare chiesto dalla Regioni, in ritardo nel predisporre le strutture speciali per i circa 1.400 internati rinchiusi nei sei opg italiani. Ma in molti sperano che la proroga diventi l’occasione per riformare i dipartimenti di salute mentale e individuare nuovi percorsi di cura. A chiederlo, a qualche giorno dal decreto che ha spostato la chiusura dei manicomi criminali al primo aprile 2014, sono proprio gli addetti ai lavori. Il 31 marzo, data iniziale prevista per il superamento degli opg, nessuna Regione sarebbe stata in grado di prendersi in carico tutti i malati. Troppo pochi i fondi e il personale sanitario, già sotto la scure della spending review. E troppi i nuovi ingressi in opg, spesso pari al numero dei dimessi. Come a Castiglione delle Stiviere, dove nel 2012 sono uscite ed entrate 182 persone, o a Montelupo Fiorentino, con 25 dimissioni e altrettanti ingressi. Fa eccezione l’opg di Barcellona Pozzo di Gotto, su cui pende un sequestro sospeso fino a fine mese; qui si viaggia al ritmo di 120 dimessi l’anno e per i 148 ospiti rimasti sono pronte quattro strutture protette. La questione, però, non è il trasferimento degli internati da un istituto all’altro. La chiusura degli opg impone la «fine della cultura sulla salute mentale del passato», dice la responsabile del Forum Salute Mentale, Giovanna Del Giudice, con i territori "cenerentola" di cura. Il decreto, in realtà, sollecita le Regioni e la magistratura a individuare misure alternative all’internamento, potenziando i servizi sul territorio. Un orientamento che non considera «il loro indebolimento e gli accorpamenti di questi anni» e le condizioni di precariato degli operatori. Si utilizzi il tempo aggiuntivo, continua, per spostare il «focus dalle strutture speciali verso budget di cura individuali nella comunità, che favoriscano l’integrazione degli ex internati». Una proroga non è una buona notizia quando si parla di salute mentale. Significa che «per mesi delle persone continueranno a vivere in strutture inadeguate». Per il portavoce del Comitato Stopopg Stefano Cecconi, tuttavia, la soluzione non è costruirne di nuovi dove spostare «i folli autori di reati». La gran parte degli internati, difatti, può essere «affidata ai dipartimenti di salute mentale. Si usino perciò i 173 milioni previsti dalla legge per potenziare i servizi delle asl».