Il processo. Open Arms, Salvini contro Salvini
Se nel caso della Gregoretti il gup di Catania ha accertato che le decisioni del governo furono collegiali, nell’altra indagine ci sono molti punti da chiarire a carico dell’unico indagato
Archiviato il caso Gregoretti, la difesa di Matteo Salvini già lavora per approntare una strategia difensiva che a Palermo, dove l’ex ministro è già stato rinviato a giudizio per il caso Open Arms, dovrà cercare di limitare i danni. Anche politici.
A Catania, infatti, il giudice delle indagini preliminari ha accertato che i “porti chiusi” sbandierati dall’ex ministro erano nient’altro che slogan. L’intervento di soccorso della autorità italiane, che si concluse con il trasbordo sulla nave Gregoretti della Guardia costiera, era cominciato in acque internazionali, su indicazione proprio del ministro degli Interni, negli stessi giorni in cui Salvini parlava di “difesa dei confini”. Questa discrepanza, tra quanto dichiarato pubblicamente e quanto effettivamente ordinato, lo ha salvato dalla condanna perché ha consentito al giudice di accertare che non vi fu una omissione di soccorso né sequestro di persona e che, per effetto di una decisione condivisa nel governo Conte, lo sbarco dei migranti a terra avvenne a rilento ma progressivamente, salvaguardando in particolare i minorenni e i più vulnerabili. In altre parole, il Salvini ministro in quella circostanza si comportò diversamente dal Salvini dei tweet.
Ed è questa la linea difensiva che il leader della Lega proverà a tenere anche a Palermo. A costo di rinnegare ancora se stesso. La strada però non è in discesa.
Tra il 14 e il 17 agosto 2019, mentre la nave Open Arms con a bordo oltre 160 migranti (tra cui numerosi minori non accompagnati) aspettava a ridosso di Lampedusa l’assegnazione di un porto di sbarco, c’era stato un fitto scambio di corrispondenza via mail tra l’allora ministro dell’Interno e il premier Conte. Agli atti dell’inchiesta, oltre allo scambio di comunicazioni, ci sarebbero altre comunicazioni dalle quali si evince il netto contrasto tra il leader della Lega e l’allora capo del governo. Il 15 agosto 2019 il ministro Salvini sottoscriveva una risposta a una precedente missiva del 14 inviata da Conte, che gli chiedeva di «adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti sull’imbarcazione».
Gli atti investigativi precisano che Conte provò a mettere in guardia il Viminale, evocando il rischio di un «illegittimo respingimento e aggiungeva di aver già ricevuto conferma dalla Commissione europea della disponibilità di una pluralità di Stati a condividere gli oneri dell’ospitalità dei migranti». Salvini rispose «assicurando che, nonostante non condividesse», suo malgrado avrebbe dato disposizioni per far scendere almeno «i “presunti” minori», attribuendone polemicamente la responsabilità a una scelta «esclusiva» del premier.
Nelle 110 pagine di memoria difensiva i legali sostengono, come fatto con successo a Catania, che non spettava a Matteo Salvini impedire l’ingresso della Open Arms nelle acque territoriali antistanti Lampedusa, né che fosse competenza del ministero dell’Interno il divieto di sbarco. L’autorità responsabile secondo gli avvocati viene individuata nel ministro dei Trasporti e della navigazione, il quale «indica il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto quale organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo».
Uno scaricabarile necessario ad allontanare eventuali responsabilità dal Viminale. Se domandarsi a quale titolo Salvini parlasse dunque di “porti chiusi” sarebbe materia per dibattiti politici, davanti alla corte d’Assise da settembre si analizzeranno i fatti. Lo sbarco di tutti i migranti venne disposto dopo che il procuratore Luigi Patronaggio era salito a bordo della Open Arms con gli ispettori dell’Ufficio di Sanità marittima (Usmaf). Secondo la difesa di Matteo Salvini, invece, l’emergenza non c’era. I medici, perciò, avrebbero mentito. Ad oggi, però, non risulta alcun esposto dell’imputato contro il personale dell’Usmaf, le cui relazioni hanno permesso lo sbarco dei migranti e portato Matteo Salvini in tribunale.