Omofobia. Legge Zan, ora il Pd vuole un accordo. Vertice sulle tre modifiche-chiave
Sul ddl Zan si tratta, in vista dell’approdo in aula previsto domani, al Senato. Prima delle ferie estive ci si era lasciati con un muro contro muro e un Parlamento diviso a metà: Pd, M5s e Leu da un lato, per l’approvazione del testo senza modifiche, e centrodestra dall’altro, con l’esigua pattuglia di Italia viva a fare da ago della bilancia, a spingere per la trattativa. Era stato Enrico Letta ad autorizzare il suo deputato proponente, Alessandro Zan, domenica, a Che tempo che fa, a una trattativa per apportare modifiche «purché non fondamenta-li, sostanziali», onde consentire «un’approvazione rapida». Si compiace Matteo Renzi: «Letta apre, come noi avevamo suggerito quattro mesi fa. Bene così, è una scelta che apprezzo».
Il presidente leghista della commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari prende la palla al balzo: «Letta si è arreso all’evidenza », dice. E promuove una riunione dei capigruppo di maggioranza, per oggi pomeriggio a Palazzo Madama. Un’iniziativa unica nel suo genere: a memoria non c’è traccia di riunioni 'di maggioranza' dall’inizio di questo governo composito in cui c’è la diffusa insofferenza a sancire istituzionalmente la collaborazione politica. «C’è la possibilità di approvare a larga maggioranza un testo che allarghi il divieto di violenza e discriminazione alla categoria dell’omofobia», è il segnale che lancia a Letta Paola Binetti dell’Udc. «Ma vanno tolte tre cose – dice la senatrice a nome del centrodestra 'di governo' –, la definizione di identità di genere dell’articolo 1, il reato di opinione che scaturirebbe dall’articolo 4 e le iniziative nelle scuole previste dall’articolo 7».
Qualcosa di simile, d’altronde, l’aveva proposto lo stesso Matteo Salvini, in cambio del suo voto favorevole. E infatti è questa la piattaforma portata avanti da Ostellari, in larga misura condivisa anche da Italia viva, intestataria della mediazione attraverso il socialista Riccardo Nencini, che siede nello stesso gruppo e conferma di star lavorando a modifiche per garantire la libertà di opinione. L’accordo viene definito ancora «in alto mare», ma il tavolo c’è. Se ne compiace Andrea Marcucci, uno dei pochi, nel Pd, che spingeva già da tempo in tal senso: «Se il disegno di legge, in Senato, rischia di non avere i voti, i voti che servono vanno trova- ti, con un accordo che non snaturi il provvedimento.
Lo ripeto oggi, perché per strada si sono persi alcuni mesi». Anche Alessandro Zan, ora, usa parole concilianti: «La partita è complicata, ma sono fiducioso che si troverà un punto di incontro. Con una mediazione che non sia però al ribasso», avverte. Il sospetto del Pd è che la Lega, domani, miri ad affossare del tutto la la legge, avendo chiesto lo scrutinio segreto, prima del passaggio al voto per articoli. «La Lega elimini questa tagliola», chiede Zan. Cosicché il ritorno del testo in commissione, oggi, potrebbe invece diventare la proposta di mediazione per evitare scontri sanguinosi all’ultimo voto in aula. «Letta ha preso atto che il muro contro muro non porta a niente », apre alla trattativa anche Maurizio Gasparri di Forza Italia.
Per la mediazione anche Ivan Scalfarotto di Italia viva: «Bastano alcune modifiche, mettendo da parte le battaglie ideologiche, per avere un iter rapido ». Spinge per chiudere il M5s: «Bene le aperture del Pd – dice il presidente della Camera Roberto Fico –, ma bisogna arrivare all’approvazione». E una mezza apertura la fa anche Monica Cirinnà, nel Pd, ma avverte: «No al ritorno al testo Scalfarotto. Meglio nessuna legge che una cattiva legge». Contro la legge solo Fratelli d’Italia e sul fronte associativo il Comitato difendiamo i nostri figli, Il popolo della Famiglia e ProVita&famiglia.
Femministe divise: «Via l’identità di genere». «No, il testo va approvato così com’è»
Il ddl Zan divide il mondo femminista. Da una parte un vasto cartello che va da 'Se non ora quando', 'Unione Donne Italiane', 'ArciLesbica' e da 90 singoli tra cui Aurelio Mancuso, Francesca Izzo e Cristina Comencini e dall’altra un gruppo di 'femministe della differenza' che comprende l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso, la campionessa olimpica Antonella Bellutti, la scrittrice Michela Marzano e la presidente della Casa internazionale delle donne Maura Cossutta. A dividere è l’articolo 1 (Definizioni) del ddl Zan, laddove stabilisce che «identità di genere
» è «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere». Il primo cartello, che già nei mesi scorsi aveva contribuito a una riflessione critica sul ddl, sostiene che questa definizione cancella la differenza sessuale e chiede di sostituire 'identità di genere' con 'identità transessuale'. «È venuto il momento delle opzioni chiare», si legge nell’appello: «O si vuole una legge contro l’omotransfobia preservando la differenza sessuale, l’autonomia delle donne, la tutela del pluralismo del pensiero, oppure si scelgono l’estremismo,
la cancellazione dei sessi, degli orientamenti e identità sessuali». Le «femministe della differenza», invece, hanno una posizione più massimalista: il ddl Zan va approvato così com’è stato votato alla Camera, pena la «intollerabile mortificazione per chi non si riconosce in modelli di genere rigidi e precostituiti». (A.Ma.)