Legge. Omofobia, intesa sul «salva-idee». L'opinione diventa reato se istiga all'odio
La Camera dei deputati
«Ai sensi della presente legge, sono consentite la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte». È il testo dell’emendamento al ddl Zan approvato ieri dalla commissione Giustizia della Camera con il voto della maggioranza e di Forza Italia. Il testo recepisce un emendamento presentato nei giorni scorsi da Enrico Costa e Giusi Bartolozzi (Fi), poi riformulato in accordo con lo stesso Zan che si è detto molto soddisfatto per una mediazione che «ribadisce un principio consolidato e pacifico nella nostra democrazia. La libertà di opinione, garantita dall’articolo 21 della Costituzione, può diventare reato solo se istiga all’odio e alla violenza».
L’emendamento, a parere di coloro che l’hanno messo a punto e votato, dovrebbe sgomberare finalmente il campo dal rischio di trasformare la legge contro l’omofobia in uno strumento repressivo di liberi convincimenti in materia di matrimonio e sessualità. Secondo quanto spiegato, l’emendamento verrebbe inserito all’articolo 2 della proposta di legge che, com’è noto, estende i reati previsti dall’articolo 604 bis del codice penale per l’istigazione e la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche agli atti di discriminazione e di violenza fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
Ora, se è vero che nel primo comma dell’articolo 1 rimane il riferimento alla "propaganda di idee" secondo la formulazione della legge Mancino che aveva fatto gridare al rischio di persecuzione ideologica nella prospettiva della cosiddetta cultura gender, il chiarimento ottenuto con l’emendamento inserito subito dopo dovrebbe – a parere degli estensori – risultare una salvaguardia efficace per allontanare le accuse di "legge bavaglio".
Certo, per valutare quali opinioni sono "riconducibili al pluralismo delle idee" e quali invece possono "istigare all’odio e alla violenza" rimarrà fondamentale l’interpretazione del giudice. E questo margine di discrezionalità continua ad essere considerato rischioso da chi si oppone al ddl Zan. Un criterio ispirato al buon senso era stato suggerito dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, in un’intervista pubblicata nei giorni scorsi sul sito "Linkiesta", secondo cui «l’opinione vuole aprire discussioni, l’istigazione all’odio in linea di principio non vuole, anzi chiude alle discussioni. L’istigazione all’odio vuole passare, in estremo, alle vie di fatto ma è comunque sempre intollerante all’opinione altrui, a differenza delle opinioni che si fecondano reciprocamente».
Più critica l’opinione di Alfredo Mantovano, consigliere della Corte di Cassazione e vicepresidente del "Centro Livatino" che sottolinea l’inopportunità di ricorrere a quel "sono consentite" all’inizio dell’emendamento: «La libera espressione di convincimenti è un diritto costituzionalmente fondato, non è "consentito" da nessuno. "Consente" diritti fondamentali solo lo Stato totalitario. Se non fosse una cosa seria fa sorridere scrivere in una norma che è lecito... quel che è legittimo».
Soddisfazione per l’accordo raggiunto nelle file del Pd: «L’approvazione a larga maggioranza di un emendamento riformulato dal relatore Zan, sulla base di quello presentato dai deputati di Forza Italia a prima firma Costa – ha osservato Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd – rappresenta un punto davvero importante». Mentre per Mara Carfagna (Forza Italia), «il testo così modificato non introduce un reato di opinione e tutela la libera espressione delle idee e dei valori. Mi auguro che anche altre criticità tuttora contenute nella proposta di legge possano essere esaminate e risolte».
Il dibattito sugli emendamenti che proseguirà anche nei prossimi giorni – ne sono stati concessi 10 ad ogni forza politica per ciascuno dei nove articoli – rimane comunque complesso e ha già determinato lo slittamento dell’arrivo in Aula del ddl, previsto inizialmente per il 27 luglio. «Ci sarà uno spostamento di pochi giorni», ha annunciato la presidente della commissione Giustizia Francesca Businarolo (M5S), che ha invitato anche i deputati di Lega e Fratelli d’Italia, anche ieri schierati per no, «a rivedere il proprio convincimento perché stiamo scrivendo una norma che sarà molto importante nella maturità sociale del Paese».
Il dibattito sull’omotransfobia rimane comunque acceso. Dopo aver spaccato il fronte femminista, con le esponenti di "Se non ora quando" schierate contro l’espressione "identità di genere", anche tra gli avvocati il confronto è aperto. Nei giorni scorsi il Comitato pari opportunità dell’ordine ha diffuso un appello a favore della legge in cui si spiega che «l’Avvocatura si fa tramite di un cambiamento culturale che consenta all’intero Paese di superare radicalmente ogni forma di discriminazione e di violenza perpetrata ai danni delle persone». Tutti gli ordini locali hanno aderito, tranne quelli di Verona e di Bologna. Adesso però cominciano a piovere le proteste degli avvocati che non si riconoscono nell’appello.