Attualità

Il caso. Vasto, monsignor Forte: «Tragedia evitabile se ci fosse stata giustizia»

giovedì 2 febbraio 2017

Fabio Di Lello e la moglie Roberta Smargiassi (foto Facebook)

"La prima cosa che sento è un senso di grande dolore per le tre vite spezzate, quella della ragazza, del giovane ucciso ieri e dell'assassino che ormai, dopo quello che ha fatto, ha una vita distrutta e sconvolta per sempre". È quanto sottolinea all'Adnkronos l'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, commentando quanto accaduto ieri pomeriggio a Vasto, quando Fabio Di Lello, 34 anni, ha sparato e ucciso il 20enne che sette mesi fa investì e uccise sua moglie Roberta Smargiassi.

Secondo monsignor Forte la tragedia poteva essere evitata "con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare". "Il
legislatore deve essere attento alle leggi che fa e deve articolarle su uno spettro più ampio di situazioni -spiega- La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un'ingiustizia".

Infine il Monsignore tiene a precisare: "Non c'è vendetta che può essere ritenuta giustizia. La vendetta produce sempre frutti dannosi, è un atto immorale", conclude.

Fabio Di Lello è stato fermato nei pressi della tomba della moglie nel cimitero di Vasto Fabio Di Lello. Poco prima, davanti a un bar aveva ucciso Italo D'Elisa, 20 anni, che sette mesi fa investì e uccise sua moglie Roberta. Sono stati i carabinieri a bloccarlo dopo
aver ricevuto una telefonata al 112 che segnalava una persona aggirarsi in stato confusionale tra le cappelle gentilizie e i
loculi. Di Lello aveva poggiato sulla lapide della moglie una pistola calibro 9, regolarmente detenuta, contenuta in una busta
di plastica trasparente. L'uomo si è consegnato senza opporre resistenza al comandante della Stazione dei carabinieri di Vasto, al quale avrebbe confessato di essere stato lui a sparare a D'Elisa.


L'avvocato Giovanni Cerella, già legale di parte civile per il procedimento che riguardava l'incidente in cui aveva perso la vita la donna, ora difensore di Fabio Di Lello, intervistato da Radio Capital ha detto che "Italo D'Elisa, dopo aver ucciso Roberta, nell'incidente, non ha mai chiesto scusa, non ha mostrato segni di pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi". D'Elisa, ha precisato Cerella, tre mesi dopo l'incidente aveva ottenuto il permesso per poter tornare a guidare la moto, perché gli serviva per andare a lavorare. "Fabio era sotto shock, era depresso per la perdita della moglie, andava molto spesso al cimitero - ha spiegato il legale - pensava che giustizia non fosse stata fatta ma incontrandolo non ho mai avuto l'impressione che stesse ipotizzando una vendetta".