Kidane, il boia di Bani Walid. Olanda, caccia al supertrafficante eritreo latitante
L'arrivo nel porto di Catania dei sopravvissuti al naufragio dell'aprile 2015
L’Olanda vuole catturare e processare Kidane, il supertrafficante eritreo latitante da febbraio e considerato uno dei boia del lager libico non ufficiale per migranti di Bani Walid. Addirittura è stato inserito nella lista dei ricercati più pericolosi. E con L’Aja starebbero collaborando nelle ricerche anche le autorità italiane e di altri Paesi europei.
Condannato in absentia all’ergastolo in Etiopia e latitante da febbraio scorso, Kidane Zekarias Habtemariam, è stato accusato dai pochi connazionali sopravvissuti di essere anche tra gli organizzatori del viaggio sul peschereccio sovraccarico oltre il limite e naufragato il 18 aprile 2015 al largo di Malta con oltre 750 morti. Era la barca nella quale morì il bambino maliano di 14 anni che viaggiava con la pagella che la mamma gli aveva cucito nel giubbotto, storia raccontata da Cristina Cattaneo, responsabile del Labanof di Milano incaricato dell’identificazione delle vittime ad Augusta.
Ieri le autorità olandesi hanno inserito il boss subsahariano attivo in Libia dal 2013 al 2019 nella lista delle persone più ricercate per processarlo per il coinvolgimento in traffico di esseri umani su vasta scala, abusi nei confronti di migranti diretti in Europa ed estorsione. In base alle accuse (accolte nella sentenza etiope),
Kidane ha sequestrato, torturato, picchiato e violentato per estorcere riscatti, uccidendo, se non pagavano, migliaia di eritrei ed etiopi detenuti in condizioni disumane nei centri non ufficiali di Nesma, Swarif e Bani Walid, la “città dei fantasmi” per i molti profughi ammazzati. Da Bani Walid si sospetta che i migranti che non potevano pagare il viaggio finissero nella spirale di morte del traffico di organi. Kidane si è del resto fatto le ossa dal 2009 al 2012 vendendo connazionali alle gang di predoni beduini del Sinai, dove l’espianto e il traffico di organi dei migranti era largamente praticato ben prima dell’inferno libico.
L’eritreo è sparito otto mesi fa, è fuggito indisturbato dal tribunale di Addis Abeba dove era a processo per traffico di esseri umani. Era stato arrestato dalla polizia etiope un anno prima dopo essere stato riconosciuto per caso da alcune sue vittime tornate in Etiopia. La procura pubblica dell’Aja lo ha accusato formalmente di guidare un’organizzazione criminale che prende di mira i migranti eritrei che tentano di attraversare il Mediterraneo dalla Libia. Il 37enne viene definito dai giudici olandesi «uno dei più noti e crudeli trafficanti di persone», capo di un campo Bani Walid - dove in Libia si trovano migliaia di migranti. «Le sue vittime sono sottoposte a gravi pestaggi, sequestri, stupri, e/o privazione di libertà», secondo la procura. «Molti non sopravvivono al viaggio verso l’Europa, e se ce la fanno ad arrivare in Olanda, lui estorce loro denaro facendo pagare per il prossimo membro della famiglia che viaggia verso l’Europa» recita ancora l’accusa. Kidane è sospettato anche di riciclaggio dei guadagni dell’organizzazione.
L’accusa avvalora la tesi che anche lui, come l’altro supertrafficante eritreo Abusalam sia tornato in Libia in vista della ripresa dei flussi dal Corno d’Africa sconvolto e affamato da conflitti, locuste e carestia. Secondo la legge potrà essere processato in Olanda perché ci vivono alcune vittime. Anche Roma vuole rintracciarlo perché i trafficanti di persone verso l’Italia sono punibili dalla nostra giustizia.