Pioverà anche oggi e stavolta non importa a nessuno. Perché la visita di Benedetto XVI la spiegano bene al quartier generale della Protezione civile a L’Aquila: «È poco dire che per questa gente la presenza del Papa è storica. È di una tale importanza, sapesse quanto e come lo stanno aspettando », spiega Agostino Miozzo, direttore generale dell’Ufficio volontariato del Dipartimento guidato da Guido Bertolaso. E i pensieri maggiori sono quelli che non t’aspetti: «Stiamo percorrendo dall’altra sera il percorso del Papa per metterlo in piena sicurezza, aiutati dai Vigili del fuoco - aggiunge Miozzo - . Certo è che quando arriverà in piazza d’armi, qui nella caserma della Finanza, alla fine della visita, allora saremo completamente... tranquilli». Ma il gioco vale candela: «La sua presenza lascerà il segno qui, eccome». È vero: stanno aspettando il successore di Pietro. C’è una grande scritta fatta con la vernice spray nera sul muro di un bar, appena fuori L’Aquila, verso Coppito: «Siamo... scossi, ma non molleremo mai!». E se per questa gente è stata fondamentale una presenza visibilmente forte dello Stato, adesso desideravano altrettanto quella della Chiesa: «Ci siamo stupiti anche noi, in tantissimi paesini ci chiedono di ricostruire prima la loro chiesetta delle case ». È venuto spesso il presidente del Consiglio, poi quelli di Senato e Camera, adesso il Papa: «Qui ne sono quasi sorpresi. Si sono resi conto che lo Stato e la Chiesa non sono virtuali o solamente in televisione, ma sono stati pronti a venire qui, in mezzo a loro, e nel momento peggiore». L’ultima riunione dell’arcivescovo Giuseppe Molinari coi parroci e i religiosi della diocesi aquilana (i sacerdoti sono circa centoventi) c’è stata ieri alle diciassette, fra le tende sul piazzale della chiesa di San Francesco a Pettino, dov’è anche il centro di coordinamento della Caritas italiana. I pullman, messi a disposizione dai Centri operativi misti, stamane passano fra le sette e le sette e trenta nelle tendopoli: prenderanno e poi riporteranno indietro non meno di duemila persone. Non è facile partecipare (le ragioni sono evidenti, a cominciare da quelle banalmente logistiche per gli spostamenti di persone che spesso hanno perso ogni cosa), ma in tanti hanno fatto di tutto per non rinunciarvi, perché vedere Benedetto XVI sarà una carezza sull’anima ferita. C’è anche suor Rosa Maria Chiara Tufani alla riunione con l’arcivescovo: la responsabile del monastero claustrale delle Clarisse a Paganica, che è totalmente inagibile insieme con la sua chiesa. Il piano con le celle in quella notte del 6 aprile s’è sbriciolato ed è crollato: «Siamo salve realmente per miracolo e con un dolore infinito per la morte della nostra badessa, l’unica che è rimasta uccisa nel crollo. Non ce lo spieghiamo, eravamo tutte vicine, alcune sorelle sono rimaste ferite, pensiamo che in qualche modo abbia offerto la sua vita per noi». Ora sono preoccupate «per i Vigili del fuoco che entrano nel monastero per mettere in sicurezza quanto possono». Neanche loro si sognano di mollare mai: «Torneremo assolutamente a Paganica, appena avremo un monasterino in legno e una cappellina. Ripartiremo da quelle macerie». Il Papa quest’oggi? Le Clarisse ci saranno, suor Rosa Maria sorride e quasi s’emoziona nel rispondere: «È la visita del Signore - dice - . Ci darà conforto e aiuto, è Pietro che viene a confermare nella fede i suoi fratelli. Dio è fra le nostre macerie, sta soffrendo con gli uomini». E poi questo terremoto per certi versi sembra sorprendente: «Sta uscendo fuori il meglio dell’uomo. Penso alla solidarietà che stiamo ricevendo, tutti quanti. Penso a quanti poveri sto vedendo aiutare altri poveri». Monsignor Molinari e suoi fedeli non potranno che accogliere il Papa con umiltà, ma anche con amore enorme: «La frase più bella sulla visita di Benedetto XVI - confida l’arcivescovo - me l’ha detta ieri un padre che ha perso i suoi due figli: 'Questo è un momento di grande fede per tutti noi', e credo che abbia davvero ragione. È grandissimo il valore d’avere il successore di Pietro tra noi». Ad abbracciare i familiari delle vittime ad Onna, prima di tutto. Poi a Collemaggio a pregare sulle spoglie di Celestino V, sulle macerie della Casa dello studente a L’Aquila incontrando gli universitari, e infine a Coppito coi sindaci dei paesi colpiti e con i volontari.