Guida al referendum. Nuovo Senato, la posta in gioco
Com’è
UN GOVERNO, DUE FIDUCIE
L’attuale articolo 94 è lapidario: il governo deve avere la fiducia della Camera dei deputati e del Senato. Una mozione di sfiducia in una delle due Aule determina la crisi dell’esecutivo. È il pilastro del bicameralismo perfetto, direttamente collegato all’articolo 70 secondo cui «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere». Deputati e senatori hanno quindi stessi compiti, stessa dignità e stesse tutele, a differenziarli è l’elettorato passivo e attivo (i senatori sono scelti dai cittadini sopra i 25 anni e debbono avere loro stessi almeno 40 anni).
L’ESECUTIVO DIPENDE SOLO DAI DEPUTATI
Il nuovo articolo 94 mette nero su bianco la norma per cui a dare la fiducia al governo è solo la Camera dei deputati. Solo Montecitorio è autorizzata a raccogliere le firme per presentare mozioni di sfiducia. Il Senato non è più dunque una Camera politica, non determina più la vita e la durata dei governi. Ne consegue che cambia anche la sua natura istituzionale, e infatti cambia radicalmente anche l’articolo 70 in cui si definisce su cosa legiferano i deputati e su cosa legifera Palazzo Madama. Diviene, per la sua composizione, una sorta di 'Camera delle autonomie'.
Com’è
315 SENATORI, È IL SEGGIO PIÙ AMBITO
Il Senato - composto da 315 membri, dei quali 6 eletti nella circoscrizione Estero - è la 'Camera alta' della Repubblica. E il presidente di Palazzo Madama è il vicario del presidente della Repubblica, ruolo che con la riforma passerebbe invece al vertice di Montecitorio. I senatori sono eletti, spiega l’articolo 57, su base regionale. Debbono avere 40 anni e l’intero elettorato dai 18 ai 25 anni è escluso dal voto. Per questi motivi - leggi elettorali legate alle regioni e la diversa platea dei votanti - più volte Camera e Senato hanno dato vita ad una diversa distribuzione dei seggi che ha reso più complicato trovare maggioranze a sostegno di un governo. È accaduto in particolare con il Porcellum che non assegnava premi nazionali ma regione per regione. È quindi a Palazzo Madama che, di solito, passano gli accordi per formare gli esecutivi. Agli eletti si aggiungono di diritto gli ex presidente della Repubblica. Il capo dello Stato può nominare cinque senatori a vita.
100 SENATORI SCELTI DALLE REGIONI, RESTA L’IMMUNITÀ
Il Nuovo Senato è composto da 100 membri, 215 in meno rispetto ad oggi: 95 sono «rappresentativi delle istituzioni territoriali» e 5 sono scelti dal capo dello Stato (i senatori quirinalizi però non sono più 'a vita', scadono dopo 7 anni). A loro vanno aggiunti di diritto e a vita gli ex inquilini del Colle. A eleggere i 95 sono i Consigli regionali e delle province di Trento e Bolzano «con metodo proporzionale». Dei 95, 74 sono consiglieri regionali e 21 sindaci (uno per ogni regione o provincia autonoma). Ciascuna Regione ha diritto ad almeno 2 senatori, poi si sale in base alla popolazione. È una 'elezione di secondo livello' e infatti i nominati decadono quando decade l’ente che li sceglie (quindi la composizione del Senato varia ad ogni elezione regionale). Dopo numerosi scontri politici, si è arrivati ad un accordo per cui una futura legge elettorale consentirà ai cittadini di dare la propria «indicazione». Ad ora però valgono le disposizioni transitorie. I nuovi senatori conservano l’immunità parlamentare.
Com’è
PALAZZO MADAMA E CAMERA, UGUALI IN TUTTO
Con la riforma alcuni articoli della Carta molto brevi vengono sostituiti da lenzuolate di parole. Ciò perché nel testo attuale non c’è alcun bisogno di distinguere tra le prerogative delle due Aule. Di Camera e Senato si parla sempre insieme, come fossero una cosa sola. Le leggi passano da un ramo all’altro (la cosiddetta «navetta») e non sono approvate sino a quando non c’è la «doppia lettura conforme». Le uniche differenze sono inscritte nei regolamenti parlamentari. Due gemelle che per alcuni sono un inutile doppione, per altri una garanzia per la democrazia e la qualità legislativa. Va detto che numerosi progetti di riforma costituzionale partiti come 'bipartisan' e poi naufragati avevano come concetto di base il superamento di questo sistema.
UN’AULA CON FUNZIONI LIMITATE
Il Senato esercita la stessa funzione legislativa della Camera solo sulle seguenti materie: modifiche alla Costituzione, leggi costituzionali, leggi elettorali, minoranze linguistiche, referendum, leggi ordinamentali, funzioni fondamentali degli organi di governo, politiche europee. Su altre materie lavorano prevalentemente i deputati. Ai senatori resta la possibilità di 'richiamare' entro dieci giorni un testo varato da Montecitorio e proporre delle modifiche, che però l’altro ramo del Parlamento può bocciare in via definitiva. Qualche diritto in più di 'rettifica' il Senato lo conserva sulle leggi di bilancio e sulle misure che riguardano le Regioni. I senatori possono anche proporre un disegno di legge sul quale Montecitorio deve pronunciarsi entro sei mesi.
Com'è
LEGGI, I DUE ITER PRINCIPALI
Oggi le leggi si formano in due modi. Una proposta o un disegno di legge d’iniziativa parlamentare passa nelle commissioni competenti, raccoglie i pareri delle altre commissioni interessate e poi arriva in Aula per essere esaminata articolo per articolo prima del voto finale e complessivo. In realtà però la produzione legislativa negli ultimi anni ha avuto soprattutto origine governativa. L’esecutivo propone i suoi ddl alle Camere ma ormai utilizza come veicolo principale il decreto-legge, che va esaminato dalle commissioni e convertito dalle Aule in 60 giorni. Il decreto, in teoria uno strumento da utilizzare solo per urgenze e necessità, si è trasformato nei fatti nell’unica via - alla luce degli attuali regolamenti parlamentari - per avere norme e misure in tempi certi. Spesso è stato accompagnato dalla 'questione di fiducia' avanzata dagli esecutivi per dare un altro colpo di acceleratore e piegare i veti incrociati.
MENO «NAVETTE» E IL GOVERNO POTRÀ CONTARE SUL «DDL RAFFORZATO»
La riforma sancisce in buona parte la fine della 'navetta' tra Camera e Senato, come visto. Tuttavia, non è detto che l’iter della produzione legislativa venga semplificato. Da un lato per il meccanismo - tutto da oliare - per cui Palazzo Madama interviene a richiesta sui testi di Montecitorio che non lo convincono. Dall’altro perché il nuovo articolo 72 introduce il cosiddetto 'disegno di legge rafforzato' di origine governativa, che l’esecutivo può chiedere di votare entro 70 giorni. Questo strumento è stato inserito per ridurre l’uso abnorme dei decreti-legge, che però restano nelle prerogative del Consiglio dei ministri. Occhio all’ultimo comma dell’articolo 80: si dice che per la ratifica dei Trattati Ue serve il «sì» anche del Senato. È considerato un punto critico perché non è detto che Montecitorio e Palazzo Madama abbiano le stesse maggioranze