Sono passati dieci anni dall’ultima grande riforma del Codice della strada, il cui primo esemplare entrò in vigore, nella forma poi aggiornata negli anni, nel lontano 1959. Nell’ultimo decennio sono state tante le novità e le norme che hanno contribuito a fare del codice della strada italiano uno fra i più completi e avanzati al mondo. Non è un paradosso, ma nel paese in cui la legge della strada è la più completa e complicata, abbiamo il record europeo di multe: ogni anno in Italia vengono erogate 78,5 milioni di sanzioni stradali, 215 mila al giorno. Se si pensa che la Germania è al secondo posto, con "appena" 23 milioni di multe a fronte del doppio di abitanti, si capisce bene che la riforma del codice sia necessaria. Vista così, infatti, l’italiano al volante pare un pericolo vagante, mentre spesso è l’ignoranza delle norme a creare quelle zone grigie dove la voglia di fare cassa dei Comuni si scontra con norme complicate, astruse e spesso ignorate. Ad esempio, quanti sanno che superare anche di pochi centimetri la riga bianca dello stop all’incrocio è sanzionabile con una multa e la decurtazione dei punti? Alcuni Comuni però lo sanno bene e hanno messo le telecamere per multare chi per distrazione o ignoranza della norma invece che fermarsi sulla riga, la supera appena.Urge chiarire e semplificare. Oggi si sono infatti 230 gli articoli del Codice e l’intenzione della Commissione Trasporti, che lo scorso 5 novembre ha cominciato la riunione in Parlamento per sfrondare gli orpelli inutili, è di ridurre il tutto a una ottantina di articoli. Nel codice attuale tra l’altro, non compaiono alcune novità tecnologiche che in passato non c’erano, basti dire che si parla ancora di “velocipedi” invece che biciclette, e che i parametri delle frenate sono ancora quelli degli anni 50, ovvero si prende per buono un valore di arresto a 100 km/h di oltre 120 metri, quando in realtà una media utilitaria si arresta in meno di 40 metri. Ma il vero scopo della riforma è consentire un testo più snello, facile e senza difficoltà di interpretazioni e che non sia una trappola nascosta per chi, in buona fede, si ritrova a violare la legge senza nemmeno saperlo. E questo vale anche per le forze dell’ordine. Una recente indagine, commissionata da “Quattroruote”, ha detto che il 65% dei vigili urbani non conosce il codice, a fronte di punte massime del 40% di Carabinieri e Polizia. Ciò spiega l’alto numero di ricorsi ai giudici di pace e ai prefetti, anche questo record europeo assoluto. Ma quanti sanno che con l’articolo 143 sei obbligato a tenere la corsia di destra in autostrada (quindi non puoi stare al centro o sulla corsia di sorpasso) quando a destra la prima corsia è libera? E quanti sanno dell’articolo 141 che lascia a discrezione delle forze dell’ordine stabilire se andavi troppo veloce o meno a seconda delle condizioni del traffico, al di là del controllo con autovelox? E le luci obbligatoriamente accese anche di giorno fuori città? Spesso molti non lo fanno, le forze dell’ordine non multano e quindi avere una regola e non farla rispettare è come se non ci fosse affatto, da qui la revisione delle norme con lo sfoltimento di tutto quello che non serve o è di minor pericolo. Visto che dal 1959 al 2003, quando venne introdotta la patente a punti (chiesta con forza dall’allora ministro Lunardi e che ebbe effetti positivi sulla circolazione) è passato qualche annetto, la speranza è che la semplificazione attuale impieghi molto meno a giungere a conclusione. Evitando quelle zone grigie in cui le amministrazioni locali si infilano a danno degli utenti in buona fede con il solo scopo di fare cassa.