Attualità

LAMPEDUSA. Tragedia nel mare di Sicilia Si cercano i corpi dei 73 immigrati

Dal Lampedusa Laura Malandrino venerdì 21 agosto 2009
Mezzi del comando aeronavale della Guardia di Finanza sono impegnati da questa mattina nelle ricerche delle vittime dell'ultimo naufragio che sarebbe avvenuto nel Canale di Sicilia. Secondo il racconto di cinque superstiti di nazionalità eritrea, tra cui una donna, soccorsi ieri al largo di Lampedusa da una motovedetta delle Fiamme Gialle, durante la traversata in gommone durata oltre venti giorni, 73 immigrati sarebbero infatti morti di stenti e i loro corpi abbandonati in mare.Ieri le autorità maltesi hanno confermato che alcuni mezzi aerei impegnati nella missione Frontex hanno avvistato negli ultimi giorni sette cadaveri che non sono stati recuperati perché si trovavano in acque libiche. Nelle ricerche, che si estendono in un'ampia zona di mare da Lampedusa fino alle acque di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni Sar (ricerca e soccorso ndr), sono impegnati due pattugliatori d'altura, uno del Gruppo aeronavale di Taranto l'altro di Messina, e un elicottero AB412 sempre di stanza a Taranto.Il Viminale: nessuna richiesta di soccorso. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha ricevuto questa mattina dal prefetto di Agrigento una relazione sulla vicenda dei 5 immigrati rritrei soccorsi ieri al largo di Lampedusa. "Nella relazione - rende noto il Viminale - si precisa che nessuna richiesta di soccorso, dal gommone che trasportava i 5 eritrei, è pervenuta alle autorità italiane prima di quella che ha consentito l'intervento del pattugliatore della Guardia di finanza, nè l'imbarcazione è stata mai avvistata dai numerosi servizi di pattugliamento che quotidianamente si svolgono nell'area". Sempre nella relazione, si ricorda che "gli accertamenti sull'accaduto e sulle dichiarazioni rese dagli extracomunitari sono al vaglio della Procura della Repubblica di Agrigento, supportata dai servizi investigativi delle forze di polizia".L'inchiesta. Per saperne di più, la procura di A­grigento ha aperto un’inchiesta sul­la presunta tragedia, come confer­mato dal procuratore Renato Di Na­tale. «Di 73 morti durante la traver­sata – dice – ha parlato uno solo dei cinque eritrei soccorsi. Stiamo fa­cendo accertamenti e sull’isola le autorità stanno sentendo, con l’au­silio di un traduttore, gli altri quat­tro che non sono in buone condi­zioni di salute». Habeton, 17 anni, uno dei supersti- ti del naufragio ha poi aggiunto un particolare inquietante: «Durante la traversata abbiamo incrociato al­meno dieci imbarcazioni, alle qua­li abbiamo chiesto inutilmente aiu­to. Solo nei giorni scorsi un pesca­tore ci ha offerto acqua e cibo». Un fatto allarmante per Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto com­missariato Onu per i rifugiati. «Un triste primato che preoccupa enor­memente. Come se stesse preva­lendo la paura di aiutare sul dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare. Come se fosse passato il messaggio che chi arriva via mare sia una sorta di vuoto a perdere». La Bol­drini ha poi ricor­dato che «gli eritrei che arrivano in I­talia via mare sono richiedenti asilo, persone in perico­lo che cercano protezione a e a cui l’Italia ricono­sce questo biso­gno e questo diritto». E se si pensa che la striscia di mare tra Lampedusa e la Libia è vigilata, giorno e notte, anche con le moto­vedette donate dall’Italia alla Libia Christopher Hein, direttore del Con­siglio italiano per i rifugiati, si chie­de come sia possibile che «un gom­mone di 12 metri possa stare lì per tanto tempo senza che nessuno se ne sia reso conto. Vuol dire davvero che è stato abbandonato al suo de­stino ». Un fatto che, secondo Hein, «richiede un’investigazione, anche perché risulta che i maltesi avreb­bero avvertito le autorità italiane». In realtà i barconi che solo ieri han­no eluso i controlli in alto mare sa­rebbero almeno tre, tanti quanti gli sbarchi avvenuti nel giro di poche ore a Lampedusa. Il primo barcone, segnalato da un diportista, con una quarantina di migranti a bordo è stato intercettato dalle motovedet­te della Capitaneria di porto a circa un miglio e mezzo dall’isola. Il se­condo è quello con i cinque eritrei soccorso dalla motovedetta della Guardia di finanza, mentre nel po­meriggio altri cinque tunisini, subi­to bloccati a terra dai carabinieri, sono riusciti ad approdare a Cala Croce con una piccola barca in ve­troresina. La tragedia. Stremati, con il corpo ridotto a uno scheletro e gli occhi persi nel vuoto, ma vivi. Così sono arrivati ieri sull'isola di Lampedusa, tra l'orrore dei soccorritori, i cinque eritrei superstiti dell'ennesima tragedia del Mediterraneo. Stando ai loro racconti, avrebbero trascorso una venti­na di giorni in ma­re, alla deriva, men­tre la fame e gli sten­ti decimavano il ca­rico umano. «Siamo partiti il 28 luglio da Tripoli. Eravamo in 78 per lo più eritrei e solo in minima parte etiopi. Dopo una settimana sono terminati cibo, ac­qua e benzina. An­che i cellulari erano scarichi – ha rac­contato uno dei superstiti –. Il gom­mone è andato alla deriva, spinto dalle correnti. Le persone che mo­rivano venivano gettate in mare». Il gommone con le cinque persone a bordo è stato segnalato da Malta alle autorità italiane impegnate nel­la missione Frontex (il pattuglia­mento congiunto del Mediterraneo, ndr ) all’alba di ieri, quando si tro­vava a circa 19 miglia da Lampedu­sa, al confine con le acque di com­petenza italiana per le operazioni ricerca e soccorso in mare, senza specificare però da quanto tempo venisse monitorato. L’allarme è sta­to raccolto dalla centrale operativa di Messina del Gam, il Gruppo ae­ronavale della Guardia di finanza, che ha subito allertato le motove­dette di stanza a Lampedusa.