Focsiv. Borsotto: Italia in ritardo nella cooperazione. Più attenzione ai diritti
Un cooperante in Africa
«Le donne sono le protagoniste essenziali della cooperazione internazionale: quelle delle comunità in cui operiamo e le nostre volontarie. Sono molto contenta che, nel nostro piccolo, il Consiglio nazionale Focsiv abbia una presenza al 50% femminile. Le donne hanno una maggiore capacità di attenzione ai diritti materiali, alle dimensioni minuscole dei problemi e sono dotate di più empatia». Tono pacato quello di Ivana Borsotto, cuneese, 55 anni, vicepresidente della Ong veronese Progettomondo.mlal, quasi per dire sommessamente che la sua elezione a fine dicembre alla presidenza della Federazione delle Ong cattoliche non è che un riconoscimento al "genio femminile" della cooperazione in azione già da tempo.
Ivana Borsotto, nuova presidente della Focsiv, federazione delle Ong cattoliche - foto Davide Dutto
Ivana Borsotto: federare, mettere insieme è proprio del "genio femminile". Assumendo questo importante incarico, come descriverebbe il Dna comune a tutti i membri della federazione? E, all’inizio del quadriennio di mandato, mi indichi gli obiettivi principali.
Il nostro Dna è inscritto nei valori fondativi della Focsiv che l’anno prossimo celebrerà i 50 anni e ha a che fare con il "farsi prossimo", il sentire come proprio il dolore degli altri, non rimanere indifferenti di fronte alle diseguaglianze e alle prevaricazioni del potere. Un Dna che vuole offrire a chi ha più bisogno il nostro tempo, il nostro lavoro, la nostra passione. Quanto agli obiettivi, vorremmo valorizzare i volontari, favorire la loro partecipazione e investire nella formazione. Vi è poi la sfida dell’innovazione, delle nuove tecnologie, come ad esempio far giungere la telemedicina nel più sperduto villaggio. Quindi vorremmo dare voce ai nostri partner: noi siamo ospiti in quei Paesi, loro i protagonisti. Indico, infine, il tema delle migrazioni e il dialogo interreligioso.
Papa Francesco nella «Fratelli tutti» ha fotografato un mondo bisognoso di «artigiani di pace». Questo anche fra gli Stati e nelle relazioni internazionali: una sfida mentre la crisi socio-sanitaria spinge verso nuovi o vecchi localismi. Quale impulso viene da questa enciclica per voi cooperanti cattolici?
Innanzitutto il Papa ci ricorda che fra Gerusalemme e Gerico il samaritano soccorre chi è nel bisogno, senza chiedersi chi è. Il prossimo non lo scegliamo, è colui che ha bisogno, senza distinzioni. La «Fratelli tutti» ci richiama pure ad operare contro le radici strutturali della diseguaglianza e della povertà, ci mette in guardia dall’essere dei palliativi. I diritti non sono solo una grammatica, ma una pratica quotidiana: è un forte richiamo alla concretezza.
L’Agenzia italiana per la cooperazione, braccio operativo della Farnesina, dopo il rodaggio dei primi anni è operativa. Tuttavia proprio il mondo delle Ong ha denunciato, nella legge di bilancio, nuovi tagli che hanno quasi azzerato i fondi per la cooperazione internazionale. Come giudica l’attuale politica della Cooperazione italiana?
L’Italia è ancora molto al di sotto degli impegni presi con l’Onu sugli investimenti per la cooperazione: dovrebbe essere dello 0,70% del Pil, siamo a meno dello 0,20%. C’è ancora molta strada da fare. Inoltre, se sono comprensibili gli impegni multilaterali, bisogna riconoscere più spazio agli accordi bilaterali, in cui le Ong possono esprimere tutto il loro potenziale: in futuro si potrebbe sperimentare, per alcuni Paesi cruciali, una sorta di co-progettazione con la società civile protagonista. Il legislatore ha definito la cooperazione allo sviluppo «parte integrante e qualificante» della politica estera. Ma se la cooperazione è carente, allora tutta la nostra politica estera è carente: si deve iniziare a dirlo.
Le attuali sfide planetarie, Covid in primis, interpellano tutti: quale l’apporto specifico delle Ong cattoliche?
Anche le Ong hanno sofferto, molte attività si sono fermate, spesso abbiamo riconvertito i nostri progetti in programmi di sicurezza alimentare. Ora sul tema dell’accesso ai vaccini si aprirà una grandissima questione di giustizia internazionale: noi giocheremo la nostra partita e presidieremo i diritti delle donne, a rischio discriminazione, capendo che cosa fare Paese per Paese. E poi tornerei sul dialogo interreligioso: fare alleanza con tutti gli uomini di buona volontà per combattere tutti gli odi e tutti i fondamentalismi.