Gli accenti sono – o possono sembrare – un po’ diversi, ma gli obiettivi sono gli stessi. E, al di là di letture ideologiche o capziose, sono pienamente in sintonia con il sentire profondo di coloro che si sforzano di guardare con serenità e buonsenso all’intreccio complesso di decisioni, opinioni, proposte che si sta aggrovigliando sul tema del matrimonio e della famiglia. La necessità di dialogare con il mondo omosessuale, vedendo l’opportunità di riconoscere diritti senza né facili omologazioni né inopportune equiparazioni con il matrimonio tra uomo e donna, è stata ribadita da tutti i cardinali e i vescovi intervenuti in questi giorni, dopo il sì del referendum irlandese alle nozze gay. Una riflessione a più voci che, pur non dimenticando la contingenza del dibattito politico, in Europa ma anche in Italia, si inserisce nel clima sinodale che già guarda alla grande assemblea del prossimo ottobre con la consapevolezza che è arrivato il momento – come ha fatto notare il cardinale
Angelo Bagnasco, presidente della Cei, in un’intervista a "Repubblica" – di porci «interrogativi sulla nostra capacità di trasmettere alle nuove generazioni i valori in cui crediamo», con un dialogo «cordiale che tenga conto della concreta situazione delle persone». Esprimere la volontà di trovare nuove modalità di accoglienza e di accompagnamento per le persone omosessuali, nel pieno rispetto della dignità di ciascuno, non significa dimenticare la centralità che l’antropologia cristiana assegna alla famiglia fondata sul matrimonio. «Un’unione che – ha fatto notare ancora l’arcivescovo di Genova – costituisce un bene essenziale per la stessa società che, come tale, non è equiparabile ad altre forme di convivenza». Riflessioni in evidente sintonia con quelle del segretario di Stato vaticano, il cardinale
Pietro Parolin, che ha ribadito la necessità di «difendere, tutelare e promuovere la famiglia», cuore del presente e del futuro dell’umanità, e che ha definito le nozze gay decise in Irlanda, «una sconfitta per l’umanità». Espressione efficace, anche se a qualcuno è parsa molto forte, che va letta come presa di distanza da tutte quelle scelte politiche che rischiano di indebolire la famiglia, cuore di quel progetto di civiltà che diventa benessere condiviso e quindi va a vantaggio per tutti. Di fronte all’accelerazione del processo di secolarizzazione, «nessun arroccamento, nessuna paura» ma - è stata anche la sottolineatura del segretario generale della Cei, il vescovo
Nunzio Galantino - neppure la pretesa «di trasformare i diritti del singolo in punto di partenza perché diventino necessariamente diritti di tutti». Nuova accoglienza e più attenta sensibilità, ma anche – è stato osservato – fermezza sui princìpi, che però vanno riproposti con un linguaggio rinnovato. «Negli ultimi decenni – ha messo in luce il cardinale
Walter Kasper in un’intervista al "Corriere della Sera" – la Chiesa si è sforzata di dire che la sessualità è una cosa buona... ora dobbiamo parlare anche di cosa sia la sessualità, della pari dignità e insieme della diversità di uomo e donna nell’ordine della creazione». Proprio quei fondamenti antropologici che le cosiddette "teorie del gender" vorrebbero annullare in nome di una visione della sessualità totalmente sganciata dalla realtà e piegata all’arbitrio personale. Il rispetto per tutti e l’educazione alla non discriminazione vanno bene, ma qui – ha evidenziato ancora Bagnasco ricordando le parole di papa Francesco – siamo alla «colonizzazione ideologica». Ecco perché occorre guardare con realismo a una situazione che, come ha spiegato l’arcivescovo di Torino,
Cesare Nosiglia, in un’intervista che sarà pubblicata oggi sulla "Voce del Popolo", ci siamo illusi troppo a lungo fosse ancora favorevole alla famiglia: «Oggi non è più così, per cui va intensificata la via della formazione e del sostegno alle coppie cristiane».