L'analisi. Non vanno sottovalutati valore e coraggio degli oppositori di Putin
Mentre le elezioni sono ormai alle porte la morte di Navalny ha prodotto un effetto che rischia di essere il contrario di quello che il regime avrebbe voluto. Nadezhdin, il candidato dell’opposizione escluso dalla competizione, e a sostegno del quale si erano raccolti tutti i prigionieri politici, era lì insieme a un popolo che pur con idee diverse si è ritrovato. La paura accumulata nei mesi e negli anni non ha fermato il bisogno di esserci. I giornalisti della Novaya Gazeta, quelli dall’interno della Russia, che in occidente continuano ad essere ignorati anche dai loro colleghi raccolgono le voci di chi da giorni si mette in fila per l’ultimo saluto al dissidente. Sono voci che dicono molto e in profondità. “Sono qui perché credo che non bisogna avere paura di sognare di riprenderci la Russia che ci hanno rubato”. “Non ero politicamente d’accordo su molte idee di Navalny ma lui si è sacrificato per noi. Ora, tocca a noi essere capaci di meritare il suo sacrificio e credere in una nuova Russia dove a regnare non sia la morte”. Gli slogan contro la guerra sono risuonati come mai dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
Il coraggio viene dal ritrovarsi nella condivisione di un sentimento di pietà umana e al tempo stesso di consapevolezza del momento storico. Si percepisce tutto il bisogno di cercare in sé stessi la forza e il ruolo troppo spesso delegati e pretesi dagli altri. Ed è qui che si può cogliere tutto il senso di quell’incomprensione a cui si riferiva Dostojevskij secondo cui gli occidentali non capiscono l’anima russa. Seppure da molto prima del 24 febbraio del 2022 esista nel Paese l’espressione dell’opposizione è prevalsa in tutto il periodo putiniano una colpevole sottovalutazione quando non derisione di quella parte della società russa che denunciava la repressione, la lesione dei diritti umani fondamentali. Certo Navalny era una figura eclettica ed espressione di una visione moderna e a suo modo al confine tra una caratterizzazione nazionalista e al tempo stesso aperta al mondo e alla cultura occidentale in tutte le sue sfumature. Non a caso la scelta di dargli l’ultimo saluto con My Way di Sinatra e la colonna sonora di Terminator 2. Qualcosa che stride appunto con quella identità politica che non riconosce le evoluzioni e che lo vedeva schiacciato solo su una voce nazionalista.
Così come a suo tempo non c’era solo Boris Nemzov, figura significativamente più rilevante eppure sostanzialmente ignorata dall’opinione pubblica e dal mainstream occidentale uccisa nel 2015, fino al 16 febbraio 2024 non c’era solo Navalny. A suo modo quell’omicidio nel periodo in cui l’opposizione era riuscita a presentarsi più unita e poteva incutere realmente timori al sistema di potere e l’inadeguata reazione dell’Occidente sono lo specchio di quanto oggi ci troviamo tristemente a commentare. Quando il latte è versato si può mettere parzialmente rimedio, ma certamente non si riesce a recuperare la materia prima perduta. Per questo è ancora più decisivo che non si compiano ulteriori e gravi errori nel sottovalutare ciò che in Russia c’è ed è vivo. Si tratta dell’essenza nobile e civile del Paese che il Nobel Muratov definisce spine dorsali civili. Seppellire con Navalny le voci di queste spine dorsali civili sarebbe come contribuire a soffocarle anziché aiutarle e vivere. A poco servono i quadretti per citare i resistenti rimasti per il momento vivi, se s’ignora il loro portato, il loro coraggio, come elementi di colore, di cronaca, solo ai fini dello spettacolo. Serve molto di più e innanzitutto dare sostanza e visibilità a quello che queste persone dicono e per averlo detto e scritto pagano con la vita e con il carcere.