Oltre mezzo milione di cartoline con una sola richiesta: non «tagliare» la libertà di educare. Destinatari del messaggio, sottoscritto dai genitori degli oltre 550mila bambini iscritti nelle scuole dell’infanzia aderenti alla Federazione delle scuole materne di ispirazione cattolica (Fism), sono il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro dell’Economia e Finanze Giulio Tremonti e il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini. Un «gesto simbolico», spiegano i responsabili nazionali della Fism, ma anche un nuovo grido d’aiuto per la sopravvivenza di questo segmento della scuola italiana. Soltanto nei giorni scorsi il ministero della Pubblica Istruzione ha dato il via libera al pagamento degli 8/12 dei fondi stanziati per la scuola paritaria nel 2010, mentre all’appello mancano ancora tutti quelli stanziati per il 2011. Ritardi che «mettono in gravi difficoltà economiche moltissime delle ottomila scuole materne paritarie sparse in tutta la Penisola, operando in oltre 4800 Comuni italiani». «La Fism è ben consapevole della crisi economica che attraversa il Paese – spiega in una nota ufficiale la Federazione –, ma non si può scaricare sulle famiglie, oltre alle difficoltà economiche, che già devono affrontare, un ulteriore aggravio di spesa, inevitabile in mancanza dei contributi promessi». Già, perché le scuole materne paritarie (così come tutte le altre paritarie di ogni ordine e grado) devono comunque far fronte alle spese: stipendi, bollette, manutenzione degli stabili, per fare qualche esempio. Ma per molte realtà scolastiche l’attesa dei fondi statali si trasforma o in indebitamento verso le banche o nell’aumento delle rette scolastiche che colpiscono le tasche delle famiglie che intendo esercitare il proprio diritto costituzionale alla libertà di educazione. Una situazione drammatica che in alcuni momenti al danno sembra aggiungere anche la beffa. Accade, infatti, che la Legge di stabilità 2011 (la ex Finanziaria) in un primo momento ha stanziato solo 281 milio- ni di euro sui 539 originari del capitolo di spesa per le paritarie. Una cifra frutto dei tagli fissati (in questo caso 258 milioni di euro) nella legge di bilancio triennale e, dunque, sottolineano alla Fism, «ampiamente prevedibili». Dopo le proteste, a quei fondi ne sono stati recuperati 245 sui 258 milioni tagliati, subordinandoli, però, «alla vendita delle frequenze televisive del digitale terrestre italiano, da cui il governo ha pensato di ricavare almeno 2 miliardi e 400 milioni di euro». Una vendita che nel frattempo il ministero per lo Sviluppo economico ha bloccato mettendo a rischio il rispetto dei tempi (settembre 2011) e così quello dell’Economia ha proceduto (per evitare un buco di bilancio) a un taglio preventivo del 10% dei capitoli di spesa, tra cui – ed ecco la beffa – anche quello delle paritarie. «Così ai 281 milioni stanziati ne sono stati tolti altri 28 – denuncia la Fism – portando i fondi a disposizione a 252 milioni e 573mila euro». Inevitabile, per la Federazione delle scuole materne di ispirazione cristiana, lanciare l’ennesimo grido d’aiuto, chiedendo «il recupero totale della somma di 526 milioni previsti dalla legge finanziaria 2011 entro settembre prossimo, anche per evitare la chiusura forzata di non poche delle ottomila scuola dell’infanzia Fism». Non solo. «Occorre ristabilire in capitoli distinti i fondi destinati dallo Stato per le paritarie, anche per evitare 'una guerra tra poveri', visto che l’attuale suddivisione accomuna nella distribuzione dei fondi le materne con le primarie convenzionate », con quest’ultime che vengono pagate prima delle materne. E se non si vuole ripetere il travagliato iter anche nella prossima Finanziaria, «occorre modificare il bilancio triennale che prevede anche per il 2013 ulteriori tagli al capitolo di spesa». «Tutto questo – dichiara il segretario nazionale della Fism Luigi Morgano – per consentire alla scuole dell’infanzia cattoliche e di ispirazione cristiana paritarie di continuare il loro impegno di qualità alta del loro servizio educativo: servizio e qualità messi a dura prova dalla condizione di persistente precarietà dei finanziamenti erogati dallo Stato italiano».