Attualità

Inchiesta. «Noi autisti, puntini sulla mappa». Amazon, la verità choc degli ex corrieri

Simone Marcer giovedì 1 agosto 2024

Un fattorino di Amazon

Non è una scena difficile da immaginare, anzi: è già stata rappresentata tante di quelle volte che sembra scontata. Gli spostamenti di una persona sono tracciati su un monitor, e quando quella persona si muove - o, in questo caso specifico, al contrario, smette di muoversi - parte un alert: il puntino rosso che segnala una persona si dilata e lampeggia a rilevare un’anomalia. Solo che questa è la finzione, riservata di solito a personaggi come spie, terroristi, agenti segreti, corpi speciali. Nella realtà dell’E-commerce questo sistema di monitoraggio non è stato adottato dalla Cia, dal Fsb o dal Mossad, ma si tratterebbe di un software fornito e gestito da Amazon Italia Transport per i suoi fornitori; il centro di monitoraggio non è in un bunker del Pentagono, ma è un telefonino o un computer in un centro di smistamento pacchi; quanto ai puntini rossi che si accendono e si spengono, non sono altro che i corrieri che citofonano e ci consegnano gli stessi pacchi sulla soglia di casa. Tracciati a loro volta come merce.

«Quando un autista, rappresentato sul monitor da un puntino rosso, si ferma oltre il tempo consentito dall’algoritmo, che è di circa 3 minuti, parte un alert. Il puntino rosso si ingrandisce e inizia a lampeggiare (...) il controllo avviene anche da parte dei dirigenti Amazon», ha messo a verbale un ex-corriere alle dipendenze di imprese fornitrici della filiale Amazon Italia, a cui sono stati sequestrati il 23 luglio scorso dalla Guardia di finanza oltre 121 milioni di euro per una presunta frode fiscale, nell’ambito dell’inchiesta dei pm milanesi Paolo Storari e Valentina Mondovì.

Le testimonianze sono raccolte nel provvedimento del gip Luca Milani (che ha convalidato ieri il decreto di sequestro) che illustra il «funzionamento in concreto dei Dsp», il programma sviluppato dalla filiale di Amazon per il servizio di «consegna dell’ultimo miglio», dai grandi magazzini di stoccaggio fino al cliente. Una manager di Amazon, sentita il 23 luglio, avrebbe ricostruito la filiera di gestione degli stabilimenti di «smistamento» dei pacchi, fino alla elaborazione delle «rotte» per i «driver». Le «bags», ossia i contenitori di più pacchi, vengono «abbinati» ai driver, che hanno una «app creata da Amazon». Come ha confermato un altro manager, in ogni «delivery station» ci sono «computer» su cui vengono controllati «i movimenti di ciascun driver». Agli atti i pm hanno anche acquisito copie di «lettere di contestazione inviate dalla TService», uno dei fornitori di Amazon, a dei corrieri. Stando alle indagini, però sarebbe stata Amazon Italia a «sollecitare l’invio di tali contestazioni disciplinari, dopo aver ricevuto lamentale dagli utenti». Un corriere ha messo a verbale che tra le sanzioni previste, c’era anche la «cancellazione del profilo Amazon» del lavoratore. I sindacalisti hanno parlato anche di una «classifica di merito affissa nelle bacheche dei magazzini». Un lavoratore ha detto di «essere stato licenziato» da una delle società «serbatoio», «per il mancato completamento delle consegne». Si parla di «190 pacchi al giorno» e tutti i corrieri «sentiti» sintetizza il gip, hanno «riferito agli inquirenti che le prestazioni imposte dal software Amazon Flex sono diventate negli anni sempre più pesanti». Da tutto ciò, riassume il gip, emerge il «quadro» di un servizio «interamente esternalizzato», ma con Amazon che organizza la «giornata lavorativa di ciascun corriere», con un «controllo serrato sul rispetto di tempistiche e modalità di recapito».

Anche ieri il colosso statunitense ha ribadito di aver definito «un Codice di Condotta che anche i nostri fornitori di servizi di consegna devono rispettare per poter lavorare con noi». Codice «disegnato in modo tale da garantire che gli autisti lavorino in un contesto sicuro e abbiano compensi e orari di lavoro adeguati».