C'è "forte attenzione", da parte del governo, sul tema dei rischi per la salute e della dipendenza creata dal gioco d'azzardo elettronico. Lo ha detto il ministro della Salute,
Renato Balduzzi, dopo avere incontrato, a margine di una conferenza a Vercelli, il sindaco di Santhià, Angelo Cappuccio, che gli ha chiesto strumenti normativi per frenare la nascita incontrollata di sale da gioco: cinque nella cittadina che amministra (circa 9mila abitanti), comprese le due nuove aperture previste a breve, con oltre 110 slot machines e videopoker. "Sono maturi - ha detto Balduzzi - i tempi per il contrasto al gioco d'azzardo elettronico, che non ha solo implicazioni di ordine pubblico, ma è una vera e propria malattia sociale e rientra quindi nelle competenze del Ministero della Salute". Balduzzi, interrogato sulla possibilità di un futuro intervento legislativo in materia, ha precisato di non voler in alcun modo scavalcare "la collegialità delle decisioni del governo", ma ha ribadito la "forte attenzione" dell'esecutivo su questa problematica, che verrà affrontata, a quanto si apprende, insieme al Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera.
LE FAMIGLIE: NO ALLO STATO BISCAZZIERE di
Vito Salinaro«Se negli anni passati ci si accontentava di lotto e totocalcio, ora è caduto ogni freno e lo Stato biscazziere non ha pudore a liberalizzare tutto e il contrario di tutto, consentendone pubblicità ed accesso senza limitazione». Non ha peli sulla lingua
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari nel commentare, a margine di un’audizione parlamentare, gli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d’azzardo. Un fenomeno che nel nostro Paese fa registrare numeri spaventosi: 800mila persone soffrono di ludopatia (gioco d’azzardo patologico) e il giro di affari nel solo 2011 ha raggiunto i 76 miliardi di euro.Dunque, un’autentica emergenza sociale denunciata dal presidente della Cei, cardinale
Angelo Bagnasco, e rilanciata dal ministro della Cooperazione internazionale,
Andrea Riccardi. Ne è scaturito un dibattito. Su un punto tutti i partiti - tranne i radicali - concordano: la pubblicità ai giochi e alle scommesse va vietata. Anche perché gratta e vinci, videopoker, slot machine, lotto e schedine "producono", oltre che lucrosi guadagni per le casse dello Stato, anche famiglie sul lastrico, usura, riciclaggio.«I costi sociali di questo dramma e dell’indotto illegale che la legalizzazione copre e rende "normale" – ha spiegato Belletti – rischiano di sfilare dal bilancio statale i proventi che il gioco ha portato». Il presidente del Forum loda l’iniziativa del ministro Riccardi che ha proposto «la modifica della legislazione in materia. Magari arrivando a vietare la pubblicità per ogni forma di gioco d’azzardo, come accade per il fumo». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart,
Luca Borgomeo, che ha espresso «soddisfazione per l’intenzione manifestata dal ministro di impegnarsi per vietare o regolamentare la pubblicità dei giochi d’azzardo. Che a gestire questa "bisca generalizzata" – ha aggiunto – sia anche lo Stato è motivo di ulteriore preoccupazione ed impone interventi immediati e diretti».Su quello di vietare la pubblicità è intervenuto il vescovo
Giovanni D’Ercole, segretario della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, che, interpellato da
Radio Vaticana, ha detto che gli spot non sono certo «da incoraggiare. Sul proibirla, non saprei se spingermi fino a questo, perché in un mercato libero l’idea che si proibisca qualcosa qualche volta favorisce ancora di più. Però – ha precisato –, se dobbiamo dare una valutazione dal punto di vista etico, il pensiero del ministro mi pare una preoccupazione giusta». È necessario, a detta del presule, lanciare «un grido di allarme» su questo fenomeno e prendere «tutte quelle misure per poter arginare questo rischio». E se il sottosegretario all’Economia
Gianfranco Polillo ha messo in guardia dal ricorso al «proibizionismo» che potrebbe essere «controproducente», l’esponente Udc
Paola Binetti ha risposto: «Fare educazione vuol dire fare proibizionismo? Fare prevenzione e formazione sulle ludopatie è un obbligo. Se ne parla troppo poco. Pubblicità sì, ma progresso, per diffondere, informare e aiutare».