Governo. «No» del Colle a giochi anti-euro, Conte rinuncia. Di Maio: impeachment
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato per le ore 11.30 di oggi, al Palazzo del Quirinale, Carlo Cottarelli. Il capo dello Stato dovrebbe conferire a Cottarelli, già consulente del Tesoro per il taglio alla spesa pubblica, l'incarico per la formazione di un nuovo esecutivo.
Alla fine si è realizzato lo scenario più drammatico. L’intera giornata di ieri non ha risolto il braccio di ferro tra il presidente Mattarella e Lega-M5s sull’economista euroscettico Paolo Savona, indicato da Salvini e Di Maio come ministro dell’Economia. Il capo dello Stato, al quale l’articolo 92 della Costituzione riserva il potere di nomina dei ministri proposti dal presidente del Consiglio incaricato, non ha infatti inteso aprire le porte ad avventure anti-euro e all’ondata di sfiducia e di speculazione contro l’Italia di cui si erano visti i primi segni con l’impennata dello spread tra i nostri titoli del debito pubblico e i bund tedeschi. In conseguenza di questo scontro istituzionale fortissimo, che il premier incaricato Giuseppe Conte ha portato sino in fondo sciogliendo - a governo fatto per il 99 per cento - la riserva in senso negativo (IL VIDEO DELLA DICHIARAZIONE DI CONTE), è rimasta possibile solo una “iniziativa” del Quirinale.
L’ira di Di Maio e Salvini. M5s e FdI: impeachment
È stallo totale, quindi, a quasi 90 giorni dal voto. E la tensione è alta. La decisione di Mattarella di non dare il via libera alla nomina di Savona “per tutelare i risparmi degli italiani” (IL TESTO DELLA DICHIARAZIONE DI MATTARELLA) scatena infatti una reazione non solo di Di Maio, ma anche della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, la prima ad accennare alla possibilità di mettere in stato d’accusa il capo dello Stato in base all’articolo 90 della Carta. Ipotesi cui fa riferimento, con una nota informale, anche il Movimento 5 Stelle, ma non Salvini che polemizza e prende tempo. Infine è lo stesso Di Maio a rompere gli indugi durante un comizio a Fiumicino cui partecipa anche Conte: “Chiediamo lo stato in messa d’accusa del presidente della Repubblica. Parlamentarizziamo questa crisi utilizzando l’articolo 90 della Carta, poi andiamo al voto”. Mentre le parole ufficiali di Salvini restano “a caldo” un passo indietro rispetto all’impervio scenario di un processo al capo dello Stato accusato di aver esercitato i suoi poteri. “Il voto degli italiani non conta più”, è comunque l’accusa del segretario della Lega. “È un attacco alla democrazia”, rincara il capogruppo leghista al Senato Centinaio. L’avvio della procedura d’impeachment segnerebbe un momento di tensione straordinaria tra Parlamento e Quirinale. La messa in stato d’accusa avviene in Parlamento a seduta comune con la maggioranza assoluta dei membri. Teoricamente, M5s-Lega hanno tale maggioranza. Si schiera in difesa di Mattarella il Pd (“Ci mobiliteremo”, annuncia il reggente Martina), e anche il premier dimissionario Gentiloni invoca “solidarietà” al Colle e un impegno collettivo per “salvare l’Italia”. È contraria all’impeachment anche Forza Italia: in una nota il leader Silvio Berlusconi definisce “irresponsabile” la proposta di M5s e chiede il “rispetto” della decisione del Colle. Fratelli d’Italia, invece, pur non facendo parte del patto di governo “giallo-verde”, si pone contro il Colle. Tuttavia si tratta di uno scenario inedito e persino impensabile che aprirebbe profonde discussioni dentro ciascun partito. Già le sfumature tra M5s e Lega potrebbero prefigurare una presa di distanza reciproca ora che il sogno del governo “giallo-verde” è svanito, sebbene Di Maio ci tenga a rassicurare quella parte della base 5stelle secondo cui sarebbe stato proprio Salvini a cercare l’incidente con il Colle per tornare al voto con più forza insieme al centrodestra. “Salvini non ha fatto il doppio gioco”, assicura il capo del M5s.
La ferma ricostruzione di Mattarella
Il presidente della Repubblica si mostra sereno e spiega con pacata fermezza le proprie scelte. Ieri pomeriggio, prima che Conte salisse al Colle per rinunciare all’incarico, Mattarella ha incontrato uno dopo l’altro Salvini e Di Maio, ribadendo la propria indisponibilità a lasciarsi imporre il nome del ministro dell’Economia. In questi colloqui, il capo dello Stato ha ribadito che c’erano tutte le condizioni per far nascere un esecutivo politico M5s-Lega con all’Economia e Finanze un politico come Giancarlo Giorgetti, esponente di primo piano del Carroccio e braccio destro di Salvini. Ma l’impuntatura su Savona ha raggiunto vette evidentemente insuperabili. Alla luce di queste premesse, il capo dello Stato ha ritenuto necessario, alle 20 precise, leggere una dichiarazione pubblica dinanzi alla stampa italiana e internazionale.
“Ho agevolato in ogni modo il tentativo di dar vita a un governo, ho atteso i tempi da loro richiesti pur consapevole di attirarmi critiche – spiega il capo dello Stato -. Ho anche superato le perplessità sull’incarico a un presidente del Consiglio non eletto in Parlamento”. La premessa non è però la parte più pesante. Il succo arriva dopo: “Avevo fatto presente, sia ai rappresentanti dei due partiti, sia al presidente incaricato, senza ricevere obiezioni, che, per alcuni ministeri, avrei esercitato un'attenzione particolarmente alta sulle scelte da compiere”. Quel “senza obiezioni” dice tutta l’amarezza del Colle. Nella ricostruzione di Mattarella, Di Maio, Salvini e Conte avevano acconsentito a che il capo dello Stato dicesse la parola che anche i suoi predecessori hanno sempre detto su alcune caselle chiave, come oggi l’Economia e gli Esteri. Invece, poi, sono arrivate “imposizioni” contrarie al dettato costituzionale che affida, per quanto concerne i ministri, al premier il potere di proposta e al Quirinale quello di nomina. “Ho accettato tutte le proposte, tranne quella del ministro dell’Economia”, prosegue Mattarella. E arriva al punto: “Ho chiesto, per quel ministero, l'indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza – Giorgetti, ndr -. Un esponente che non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell'Italia dall'euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell'ambito dell'Unione Europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano”.
Conte - sulla base delle indicazioni di Di Maio e Salvini - non ha accettato di indicare Giorgetti, e il “governo del cambiamento” è caduto prima di nascere.
Oltre alla ricostruzione dell’accaduto, Mattarella spiega anche il perché della sua scelta: l’allarme degli investitori e dei risparmiatori, italiani ed esteri, che detengono i titoli di Stato; l’impatto concreto dell’aumento dello spread sui risparmi delle imprese e delle famiglie, sul credito e i mutui, sul debito pubblico con effetti concreti a cascata sulla spesa sociale. “E’ mio dovere essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani. In questo modo si riafferma concretamente la sovranità italiana. Mentre vanno respinte al mittente inaccettabili e grotteschi giudizi sull'Italia, apparsi su organi di stampa di un paese europeo”.
Infine Mattarella raccoglie la sfida dei partiti. “Non faccio queste affermazioni di questa sera a cuor leggero. A qualunque altro aspetto antepongo la difesa della Costituzione e dell'interesse della nostra comunità nazionale. Quella dell'adesione all'euro è una scelta di importanza fondamentale per le prospettive del nostro Paese e dei nostri giovani: se si vuole discuterne lo si deve fare apertamente e con un serio approfondimento. Anche perché si tratta di un tema che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale”. Parole da leggere con attenzione: Mattarella ha evidentemente incrociato una forte tendenza no-euro nel nascente governo del cambiamento, una tendenza che però non è stata esplicitata nel contratto siglato da M5s e Lega e nemmeno nella campagna elettorale svolta dai due partiti. L’invito, quindi, è ad un atteggiamento trasparente sul tema più importante per il futuro del Paese: l’Europa e l’euro. IL TESTO DELLA DICHIARAZIONE DI MATTARELLA
Verso l'incarico a Cottarelli
Il finale di Mattarella è drammatico quanto tutta la giornata. “Sono stato informato di richieste di forze politiche di andare a elezioni ravvicinate. Si tratta di una decisione che mi riservo di prendere, doverosamente, sulla base di quanto avverrà in Parlamento. Nelle prossime ore assumerò un'iniziativa”. In realtà passano pochi minuti e il capo dello Stato convoca per stamattina Carlo Cottarelli, ex commissario governativo alla spending review. L’economista riceverà l’incarico per formare un governo tecnico o “neutrale” con l’obiettivo di affrontare la prossima manovra finanziaria ed eventualmente condurre al voto il Paese nella prossima primavera. Ma Cottarelli potrebbe non ottenere la fiducia delle Camere, e quindi la prospettiva del voto a ottobre resta molto alta. Inoltre il fantasma di una messa in stata d’accusa di Mattarella è l’esatto opposto rispetto a un clima di concordia che dovrebbe sostenere un “governo di servizio”, di traghettamento. Attenzione d’ora in poi a tutto ciò che succederà alla Camera. Sinora Lega e M5s si sono mostrati come due muri senza brecce, ma le differenze interne (si pensi alle posizioni critiche verso Di Maio, da due fronti opposti, di Fico e Di Battista) potrebbero iniziare a venire fuori sia di fronte alla scelta estrema di attaccare sul piano costituzionale il presidente della Repubblica sia di fronte agli assetti in termini di leadership da assumere in caso di ritorno al voto. Anche la Lega ha un’ala “realista” incarnata dall’ex governatore Maroni che non ha mai visto di buon occhio l’asse con M5s e l’arrivederci al centrodestra, tuttavia nel Carroccio la leadership di Salvini è molto salda.
Prima della rottura, il tentativo di conciliazione di Savona
Prima dell’epilogo al Colle, la giornata era stata caratterizzata dal tentativo di conciliazione di Paolo Savona, l’82enne economista che Salvini voleva per il Tesoro con l’appoggio dell’alleato Di Maio. Savona ha emanato una lunga nota in cui ha specificato di volere un’Europa “diversa, più forte, ma più equa”. Una nota per intervenire sulla “scomposta polemica” che ha riguardato la sua persona e le sue ultime tesi economiche, che non escludevano un’uscita dalla moneta unica. Savona è sembrato tendere la mano per una soluzione concordata senza tuttavia rinnegare le proprie idee. Nel documento chiede una Bce più forte, l’Unione politica, un Parlamento europeo con più competenze legislative. Quindi spiega che la sua azione da ministro sarebbe stata orientata alla riduzione del debito non attraverso l’austerità ma attraverso la crescita del Pil. Successivamente, in un’intervista televisiva su Rai3, ha provato a mandare altri messaggi rassicuranti, compreso il pubblico elogio dell’attuale ministro dell’Economia Padoan. Con queste parole e con questi passi Savona ha in qualche modo confermato che né lui, né Salvini, né Di Maio né Conte volevano retrocedere rispetto al Colle. E quindi alla fine, nonostante intenzioni che potevano essere diverse, le ultime mosse dell’economista hanno rappresentato un altro elemento che ha portato alla frattura.