Migranti. Niger, pronto il decreto per la missione militare italiana
Niamey, Niger. Profughi in viaggio verso l'Europa. Foto di Matteo Fraschini Koffi
Il decreto legge sulle missioni all’estero potrebbe essere licenziato oggi, mercoledì, dal Consiglio dei ministri. Ma, secondo fonti militari, una piccola squadra di specialisti della Difesa si troverebbe già a Niamey, capitale del Niger, per operare una ricognizione rispetto allo scenario operativo dei prossimi mesi.
La missione effettiva partirà all’inizio del 2018, una volta che il provvedimento del governo avrà avuto il via libera delle Camere (che, anche se sciolte, operano in regime di prorogatio e possono essere riconvocate per la conversione dei decreti-legge).
Quanti italiani andranno in Niger?
Quanti italiani andranno in Niger? Il capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, ha parlato di «alcune centinaia di uomini». Fonti di governo confermano, fornendo ad Avvenire indicazioni più dettagliate: dal varo del decreto «fino a giugno» il mini contingente italiano «sarà di 120 uomini», per salire poi «fino a un massimo di 470», ma non tutti contemporaneamente. La media annuale dovrebbe essere infatti di «circa 250 soldati». Contestualmente, nel decreto sarà prevista una riduzione del contingente schierato in Iraq nella coalizione anti-Daesh (al momento, sono circa 1.500 militari, 420 mezzi terrestri e 17 aerei). Secondo la Difesa, infatti, in terra irachena lo Stato islamico è pressoché «sconfitto, anche se dovremo mantenere l’addestramento in quel Paese perché il pericolo terrorismo continuerà». In base a tali prospettive, fanno notare le medesime fonti, lo spostamento verso l’Africa e il Mediterraneo coincide con quelli che sono al momento gli interessi nazionali. Al momento, i militari italiani impegnati all’estero sono poco più di 7mila. Oltre che in Iraq, dovrebbe essere ridotto il numero di quelli schierati in Afghanistan.
No missione «combat»
Rispetto al Niger, i primi a partire saranno i parà della Folgore. Ma nel mini contingente non dovrebbero mancare una componente aerea, alcuni team di specialisti del Genio, addestratori e altri esperti delle forze speciali. Quali compiti avranno? Il premier Paolo Gentiloni ha parlato di «consolidare quel Paese, contrastare il traffico degli esseri umani e il terrorismo». La missione internazionale, sotto l’egida dell’Onu, vede impegnata una forza di 5mila militari composta da soldati di Usa, Francia, Germania e di 5 Paesi africani.
Secondo il generale Graziano, non si tratterà di una missione combat: «Il nostro contingente avrà il compito di addestrare le forze nigerine e renderle in grado di contrastare efficacemente il traffico di migranti ed il terrorismo». Un modulo operativo rodato nei "teatri" iracheno e afghano, dove l’impegno principale è «preparare le forze locali a conservare la stabilità, a creare una capacità interna di mantenere la sicurezza». Inizialmente, gli italiani potrebbero lavorare nella capitale Niamey, accanto alle truppe francesi, già attive nell’area del Sahel con gli oltre 3mila militari dell’operazione «Barkhane». Nell’area si trovano, come detto, pure le forze armate di 5 ex colonie francesi (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger). E non è escluso che altre nazioni europee, come Spagna o Germania, si aggreghino con propri contingenti.
La rotta del Sahel
Il Niger, grande quattro volte l’Italia ma con soli 20 milioni di abitanti, si trova nella parte interna dell’Africa occidentale, non ha sbocchi al mare ma confina con altre 7 nazioni (Algeria, Libia, Ciad, Nigeria, Benin, Burkina Faso e Mali). È sulla rotta del Sahel, battuta dalle carovane di migranti dirette verso il Mediterraneo e attraversata da milizie jihadiste.
Critiche dalle opposizioni
Sulla carta, il via libera del Parlamento al decreto missioni non dovrebbe presentare troppi ostacoli. Ma le opposizioni annunciano battaglia: «Nei campi di concentramento libici continuano stupri e torture – lamenta Andrea Maestri (Liberi e Uguali) –. In attesa di mandare 470 soldati in Niger a chiudere col lucchetto anche quel passaggio». Critiche pure dalla Lega Nord, con Roberto Calderoli: «Sigilliamo i nostri confini, altro che andare in Niger».