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La missione discussa. In Niger militari blocca-migranti

Luca Liverani venerdì 15 dicembre 2017

Una missione militare italiana in Niger assieme a Francia, Germania, Stati Uniti e cinque paesi africani. Addestramento, ma anche sorveglianza della frontiera sud con la Libia. Nel primo semestre 2018 i primi 120 militari, poi un secondo contingente entro fine anno, per un totale di 470 unità al massimo, dotati di 120 mezzi tra aerei da carico, mezzi da trasporto terrestre e autoblindo Lince. La missione è nel decreto sulle missioni militari, all’esame del Parlamento. L’annuncio del premier Paolo Gentiloni, di merco-ledì, si arricchisce di particolari. E solleva critiche, dentro e fuori il Parlamento.

«Una missione esposta ad enormi rischi», dichiarano Marcon e Civati (Leu). «Seguiamo la Francia su una strada pericolosa, violando nei fatti la sovranità del Niger e abbracciando una classe politica corrotta al soldo di Parigi», attacca padre Mauro Armanino, missionario a Niamey. Gentiloni aveva spiegato che l’Italia manderà «una missione di addestramento delle forze nigerine che parteciperanno alla forza congiunta dei 5 paesi del Sahel».

Al termine della riunione con il G5 Sahel organizzata da Emmanuel Macron aveva parlato di «crescente interesse» dell’Italia «a essere più presente per rafforzare il contrasto italiano ed europeo al terrorismo, al traffico illegale di migranti al traffico di droghe». Gentiloni aveva spiegato che «è possibile che una parte dei nostri mille militari in Iraq non sia più indispensabile nel prossimo periodo».

Ecco perché «partiremo con una operazione bilaterale con il Niger, che naturalmente ha un interesse specifico anche per quello che riguarda i flussi migratori in uno dei paesi attraverso i quali il flusso verso Libia e Mediterraneo è più frequente». Alla Difesa sottolineano che la missione è nata su richiesta formale del governo nigerino. L’Italia concorrerà all’addestramento dei militari, ma anche alla sorveglianza della frontiera, assieme a francesi, tedeschi, americani e i militari di Mali, Burkina Faso, Mauritania e Ciad. La situazione nel paese è tesa: a ottobre sono morti in un’imboscata 4 soldati statunitensi assieme a 15 nigerini. Pochi giorni dopo, un raid contro una caserma ha provocato altre 13 vittime.

Una decisione impegnativa che non ha mancato di sollevare critiche. Netto il giudizio del capogruppo di Sinistra italiana-Possibile, Giulio Marcon, e del segretario di Possibile, Pippo Civati, esponenti di Leu. «È grave – affermano – che il governo stia pensando di decidere con un decreto legge, in chiusura della legislatura, l’avvio di una corposa missione militare in Niger. Una missione molto pericolosa », che rischia «di essere coinvolta in un teatro di guerra e di prestarsi alla violazione dei diritti umani di persone perseguitate in fuga da zone di conflitto. Il governo riferisca in Parlamento».

«Vergogna», afferma il missionario padre Mauro Armanino: «Ci aggiungiamo a chi con il pretesto del contrasto al terrorismo persegue solo la geopolitica delle risorse. Uranio e non solo, in Niger, in Mali e fino alla regione del Lago Ciad. Una logica guerrafondaia – afferma – che purtroppo da tempo anche l’Italia ha sposato». Della classe politica locale afferma che «qui in Niger truccano le elezioni e invece di sostenere l’agricoltura, l’istruzione e il lavoro sperperano il denaro pubblico». Sul controllo delle frontiere dice che «chi ha fame non si ferma con gli eserciti ma con lo sviluppo».