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I fondi della Lega. Niente processo, i Bossi «graziati» da Salvini

Luigi Gambacorta giovedì 24 gennaio 2019

“Non luogo a procedere” per Umberto e Bossi e per il figlio Renzo. Pena sospesa (1 anno e 8 mesi e 750 euro di multa) per Francesco Belsito, ultimo tesoriere nella gestione Senatur. «La Lega non ha chiesto la restituzione di quello che si asserisce essere il maltolto», ha detto con disarmate chiarezza nell’arringa difensiva l’avvocato Danilo Mariani. Più chiaro, dopo la sentenza, il «grazie a Salvini» di Renzo Bossi che ha aggiunto: «Hanno valutato che le spese a me imputate non sono state pagate dal partito».

Al contrario, la Corte d’Appello ha preso semplicemente atto che Matteo Salvini, parte offesa come segretario della Lega, non ha presentato contro i Bossi padre e figlio la querela di parte, introdotta con una nuova legge (varata dal Pd) solo dopo la prima condanna. Meglio, a un passo dalla scadenza dei termini, il 27 novembre, la querela è stata presentata, ma solo contro Belsito, che, indossati i panni della vittima, commenta: «Rimasto col cerino in mano, pago per tutti». In effetti, la riduzione della prima pena (2 anni e 8 mesi) si deve anche al mancato conteggio delle spese private della family. Quelle di Bossi padre, ascritte impropriamente alle cure personali, ammontavano a 208mila euro, quelle del figlio, gonfiate da una catena di multe non pagate, raggiungevano i 140mila euro.

Negli oltre 2milioni di spesa improprie del tesoriere (stipendio mensile di 8mila euro) c’è di tutto, persino una play station per il figlio di Calderoli o l’acquisto di un’attrezzatura da sub. «Ma Belsito – ha detto il difensore Romanelli – non era impegnato a sottrarre fondi, prima di andarsene ha lasciato nella casse della Lega la bellezza di 49 milioni».

La pg Maria Pia Gualtieri aveva chiesto la conferma del primo verdetto (2 anno e 3 mesi per Umberto Bossi, 1 e 6 mesi per Renzo).