Attualità

Roma. «Nessun partito è immune alle mafie»

ANTONIO MARIA MIRA giovedì 28 aprile 2016
«Vogliamo lanciare un vero allarme perché le amministrazioni locali sono il primo varco di penetrazione delle mafie nella politica e nella pubblica amministrazione». Sono le preoccupate parole della presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi in occasione dell’approvazione all’unanimità della relazione sulla trasparenza delle candidature in occasione delle prossime elezioni amministrativa. Un allarme che, coincidenza ma non troppo, viene lanciato anche da due magistrati di punta nella lotta alle mafie. «L’infiltrazione della mafia negli enti locali c’è sempre stata, non è una novità ma ora si è accentuata», avverte il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone sottolineando come «oggi quasi in ogni operazione antimafia troviamo un ammini-stratore locale coinvolto». E il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone va giù pesante. «La corruzione è il principale strumento di penetrazione delle mafie negli enti locali. Gli ammini-stratori – accusa l’ex pm anticamorra – sono molto facili a farsi corrompere. C’è gente che non vede l’ora di farsi avvicinare per fare un po’ di soldi». Parole di denuncia e di allarme, confermate dalla relazione dell’Antimafia e dai dati sui comuni sciolti negli ultimi anni. Attualmente quelli amministrati da una commissione straordinaria sono 17. Quattro, Badolato, Ricadi e Scalea in Calabria, Battipaglia in Campania, torneranno al voto il 5 giugno dopo uno scioglimento durato più di due anni. A questi si aggiungono Cirò e Joppolo, il cui scioglimento è stato annullato dal Consiglio di Stato, oltre a San Luca e Platì, comuni aspromontani, il primo sciolto nel 2013, tornato al voto nel 2015 ma senza esito per mancato raggiungimento del quorum dei votanti, il secondo sciolto nel 2012 ma dove sempre nel 2015 non venne presentata alcuna lista. Sono gli stessi comuni 'sorvegliati speciali' dall’Antimafia. Non gli unici. La commissione bicamerale ha infatti deciso ieri di mettere sotto la lente di ingrandimento anche le candidature di altri comuni considerati ad alto rischio. Si tratta di quelli destinatari di accessi ispettivi per i quali i procedimento si è concluso senza scioglimento: Roma, Sant’Oreste (Rm), Trentola Ducenta e Villa di Briano (Ce), attualmente comunque in gestione commissariale per l’arresto o le dimissioni del sindaco, e poi Finale Emilia (Mo), Morlupo (Rm), Diano Marina (Im), San Sostene (Cz), attualmente in gestione ordinaria. Questi i comuni sotto osservazione, ma sono solo gli ultimi di un lunghissimo elenco. Come è possibile leggere sul sito di Avviso pubblico, l’associazione tra comuni nella lotta alle mafie, dal 1991 - anno di approvazione della legge che ha introdotto lo scioglimento per infiltrazione mafiosa - al 20 aprile 2016 sono stati emanati ben 416 decreti, dei quali 149 di proroga di precedenti provvedimenti, mentre 23 sono i decreti annullati dai giudici amministrativi.  Tenuto conto che 49 amministrazioni sono state colpite da più di un decreto di scioglimento, le amministrazioni locali sciolte per infiltrazioni mafiose sono state fino ad oggi 210, tra le quali 1 provincia e 5 aziende sanitarie locali. In testa, a conferma della gravità della situazione, troviamo la Campania con 98 decreti, seguono la Calabria con 85, la Sicilia con 66, la Puglia con 9, il Piemonte con 3, la Liguria e il Lazio con 2, la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Basilicata con 1. Anche per quanto riguarda i recidivi in testa troviamo la Campania. Tre scioglimenti hanno infatti colpito i comuni casertani di Grazzanise, Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa (nomi che compaiono anche nell’ultima inchiesta), ma anche quattro calabresi (Melito Porto Salvo, San Ferdinando, Roccaforte del Greco e Taurianova) e uno siciliano (Misilmeri). Esclusi quelli che tornano al voto, restano commissariati Altavilla Milicia, Giardiniello, Mazzarà Sant’Andrea e Scicli in Sicilia; Africo, San Ferdinando, Bovalino, Bagnara Calabra, Nardodipace in Calabria; Monte Sant’Angelo in Puglia; Arzano in Campania; il municipio romano di Ostia; Brescello in Emilia Romagna, sciolto pochi giorni fa.  Numeri che portano l’Antimafia a fare una dura analisi. «L’attività di inchiesta ha dimostrato che nessuna forza politica, anche con le migliori intenzioni, può ritenersi immune dal condizionamento o peggio dall’infiltrazione». Così nella Relazione approvata ieri si chiede che «tutte le forze politiche si facciano carico della questione del consenso delle mafie». E in particolare in relazione al tema delle elezioni la Commissione annuncia di voler «porre al Parlamento la questione dell’aggiornamento della legislazione in tema di cariche elettive in chiave di ancor maggiore trasparenza » e «al governo quella del rafforzamento delle misure volte a rendere più efficace il sistema dei controlli elettorali contro la minaccia del condizionamento e dell’infiltrazione delle organizzazioni criminali mafiosa negli enti locali e nelle selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive».