Torino. L'hospice del Cottolengo aiuta i fragili a vivere ogni stagione della vita
L’inaugurazione dell’hospice a Chieri
In quello stesso luogo in cui, 180 anni fa, moriva San Giuseppe Benedetto Cottolengo oggi si dà dignità alla vita nella sua interezza, fino alla fine. Alle porte di Torino, nel nuovo Cottolengo hospice di Chieri, sono 21 i posti letto a disposizione di pazienti bisognosi di cure palliative e di terapia del dolore.
«Oggi – ha detto il Superiore generale della Piccola Casa, Padre Carmine Arice durante l’inaugurazione di ieri, nel giorno in cui si fa memoria dell’ispirazione ricevuta dal Cottolengo per fondare la Piccola Casa della Divina Provvidenza – c’è una crisi antropologica in atto. Si risente della visione funzionalista dell’esistenza: quando la macchina non va più, si creano le condizioni per risparmiare e risolvere il problema alla radice. In questo grande dibattito sull’eutanasia, noi abbiamo deciso di percorrere un’altra strada.
Non ci preoccupiamo di aiutare la gente a morire, ma ci preoccupiamo di aiutare la gente a vivere ogni stagione della propria esistenza. Il Santo Cottolengo riservava a sé l’accompagnamento dei morenti nella Piccola Casa, trascorrendo con loro le ultime notti e gli ultimi giorni: l’hospice rientra in questo sguardo sulle fragilità umane».
La struttura di Chieri, realizzata anche con il contributo di diversi benefattori tra i quali l’arcidiocesi di Torino, sarà operativa nelle prossime settimane, accreditata e convenzionata con il Servizio sanitario nazionale per offrire assistenza completa e gratuita. All’interno opereranno équipe multidisciplinari formate da medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi, operatori socio-sanitari, terapisti della riabilitazione e assistenti spirituali, cui si affiancherà una vivace rete di volontari che sta nascendo in questi giorni.
I percorsi di accompagnamento e gli interventi terapeutici (con ricovero ma anche in day care) saranno personalizzati, integrandosi con i ritmi di vita e le abitudini degli ospiti per garantire loro un’assistenza concreta e costante nel pieno rispetto della dignità della persona. «La morte – ha osservato l’arcivescovo di Torino, Roberto Repole – è occultata dalle nostre società opulente.
L’hospice è una casa confortevole e bella, ma è anche il segno di una comunità che vede il bisogno di salvezza e lo fa vedere, prendendosi cura degli altri. Una pienezza di vita che comincia a immettere vita fin da adesso, dove ce ne è più bisogno».
«L’hospice – ha commentato poi l’arcivescovo emerito di Torino, Cesare Nosiglia – è un’opera ancora più necessaria proprio oggi, mentre si cerca di stabilire con la legge la possibilità di scegliere personalmente di morire. La vita va salvaguardata e promossa sempre. La disperazione nasce quando si resta soli, quando non si hanno accanto persone che ci amano e ci sostengono ».
E per garantire quella vicinanza umana essenziale, soprattutto nei momenti più difficili, nella struttura di Chieri le visite di parenti e amici sono libere durante tutta la giornata e, di notte, un familiare può fermarsi a dormire in camera vicino al proprio caro, su una poltrona letto.
«L’apertura di un hospice – ha detto nel suo intervento il direttore Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute don Massimo Angelelli – è un evento raro. In Italia esistono 24 hospice cattolici, quello di Chieri è il venticinquesimo: 18 sono al nord, 4 al centro e 3 al sud. Il problema è la disuguaglianza. In alcune regioni le cure palliative sono un miraggio e la legge 38, scritta benissimo, deve essere ancora realmente applicata ».
Infine, da parte della Piccola Casa, un richiamo al futuro: «Le società più grandi – ha concluso padre Arice – non sono quelle che corrono di più, ma quelle che non lasciano indietro nessuno. Qui abbiamo fatto una scommessa, fidandoci della Provvidenza. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Anche il Cottolengo non si vergognava a tendere la mano. Aiutiamoci a fare qualcosa di bello». ©