La storia. Nel borgo più spopolato d'Abruzzo la comunità riparte dai ricercatori
Un percorso formativo per tornare a vivere in montagna. È questa l’idea alla base di Neo, “Nuove esperienze ospitali”, la scuola immersiva di attivazione di comunità e transizione ecologica ideata da Raffaele Spadano, antropologo abruzzese di 28 anni, e dai ricercatori del collettivo “Montagne in movimento”. Per dar vita a questa iniziativa è stato scelto Gagliano Aterno, un paese di 250 abitanti in provincia dell’Aquila.
«La valle Subequana, dove si trova Gagliano, ha il tasso di decremento demografico e l’indice di invecchiamento più alti dell’Abruzzo – spiega Spadano –, questo fa sì che ci siano molti “vuoti” da riempire». Lo scopo del programma è infatti quello di creare neo-popolamento, intercettando la “domanda di montagna” di chi vuole trasferirsi dai centri urbani e dei giovani ricercatori che trovano nei piccoli comuni delle aree interne un terreno fertile per sperimentare nuovi modelli di transizione energetica e trasformazione sociale. Il percorso, della durata di diversi mesi, prevede una “full-immersion” nella vita paesana: «I partecipanti – illustra Spadano – hanno a disposizione una casa e vengono guidati nel processo di integrazione con la comunità locale mentre, per quanto riguarda la formazione, ci sono sia lezioni frontali su temi legati all’ecologia e all’antropologia alpina, sia attività immersive e di contatto con la comunità, con i ragazzi che si attivano partecipando a bandi, ascoltando gli abitanti del posto e lavorando, ad esempio, per le aziende agricole locali». L’edizione “pilota” di Neo si è conclusa da poche settimane e, a febbraio 2023, è prevista l’uscita del nuovo bando.
«L’obiettivo è consolidare ulteriormente il progetto, che – afferma il ricercatore - nella sua prima edizione ha avuto un riscontro positivo». Dei sei ragazzi che hanno partecipato a Neo nel 2022, infatti, ben quattro sono rimasti a vivere e a lavorare in paese. Tra questi c’è Cosimo Gragnani, 27 anni, originario di Livorno, anche lui laureato in antropologia. «Avevo sentito parlare di questa iniziativa mentre studiavo a Torino e, dopo la laurea, ho deciso di fare un’esperienza sul campo», ricorda Gragnani. «L’idea che abbiamo è che posti come Gagliano Aterno possano essere la soluzione ai problemi legati alla transizione ecologica, creando un’alternativa alla vita in città – spiega Gragnani - ma bisogna stare attenti a non sfociare nel “borghismo”, ossia l’imposizione di un certo immaginario che riguarda i paesi di montagna, legato a una visione “turistica” di questi luoghi». Ora Gragnani sta affrontando il primo inverno sulle montagne abruzzesi. «Appena arrivati ricordo che gli abitanti del posto ci dissero: “Facile stare qui d’estate, poi vedrete…” e, in effetti, ora fa freddo, c’è molta meno vita sociale e gli abitanti, che di solito sono già pochi, ora sono rimasti in pochissimi… ma anche questo fa parte dell’esperienza».
L’“ostilità” propria di questi luoghi è acutizzata dal depauperamento dei servizi essenziali e dalle ferite non ancora rimarginate del sisma del 2009. «La ricostruzione sta decollando solo adesso – spiega il sindaco di Gagliano Aterno, Luca Santilli –, ora il paese è un cantiere, ma tra dieci anni avremo un gioiello nuovo di zecca». Secondo il primo cittadino, in questo tempo è indispensabile lavorare di pari passo anche sugli aspetti «immateriali» e culturali, per far sì che le nuove case non rimangano disabitate. «La gente di qui vive di fatalismo, pensa che nei paesi non si possa fare nulla per cambiare le cose – prosegue Santilli – ma abbiamo visto che con gli stimoli giusti, adottando un metodo scientifico come hanno fatto gli antropologi, si possono ottenere risposte importanti».
In paese è nata una radio di comunità, Radio antiche rue, e i comuni della valle Subequana, tra cui Gagliano, fanno parte della Green Community del parco regionale del Sirente Velino, uno dei tre progetti pilota a livello nazionale. Inoltre, nel piccolo comune è stato avviato il progetto per la prima comunità energetica rinnovabile d’Abruzzo, un’opportunità per far sì che il valore generato dalla natura resti sul territorio e sappia anche creare nuovi posti di lavoro legati alla manutenzione e alla gestione degli impianti. «Il messaggio che stiamo cercando di far passare è che bisogna essere vicini alle persone ed evitare che si crei uno scollamento tra le istituzioni e le comunità, perché è questa la chiave per far funzionare questi nuovi progetti, per favorire la transizione energetica e la tutela dell’ambiente». E per non lasciare le montagne dell’Appennino in balìa dello spopolamento e dell’abbandono.