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Sondaggio. Il Centrodestra potrebbe ottenere il 70% dei seggi uninominali

Eugenio Fatigante mercoledì 27 luglio 2022

Lo scenario possibile (a oggi) sarebbe potenzialmente devastante, per il centrosinistra. Dall’analisi della legge elettorale 'mista' oggi in vigore - il Rosatellum - e delle stime dell’Istituto Cattaneo, che ha provato a prevedere i risultati delle prossime elezioni sulla base degli ultimi sondaggi, vien fuori un risultato eclatante che già preoccupa le segreterie del fronte 'progressista': la mancata alleanza tra Pd e M5s potrebbe consentire difatti al centrodestra di prevalere in circa il 70% dei collegi uninominali di Camera e Senato. Solo tenendo conto anche della quota proporzionale, l’effetto si mitigherebbe un po’, mantenendo comunque un vantaggio fino al 57% per la coalizione di Meloni, Salvini e Berlusconi.

E lo scenario si fa da tragedia per il M5s: correndo da soli, i pentastellati rischiano di ridursi ad appena 42 seggi (sempre mantenendo l’attuale livello delle rilevazioni), in pratica tutti nel proporzionale, con un drammatico zero nei collegi 'secchi'. Un autentico tracollo rispetto ai 338 iniziali del 2018.

Un rischio, quello di restare a zero, che incombe pure su partiti come Azione e Italia viva, qualora alla fine corressero da soli.

L’analisi del Cattaneo parte dal presupposto che nel centrosinistra convergano tutti i partiti più o meno vicini ai dem: Sinistra Italiana, Verdi, Azione di Calenda, Insieme per il Futuro di Di Maio, inclusa Iv. Secondo l’istituto, i collegi blindati per il centrosinistra risulterebbero confinati solo in una parte della ex 'zona rossa' (Emilia-Romagna più Toscana) e nelle grandi città (Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli): questi garantirebbero appena 60 posti in Parlamento. In casa Pd grosso modo si conferma, ma si sottolinea anche che ci sono una novantina di collegi (60 alla Camera e 30 a Palazzo Madama) ritenuti ancora 'contendibili'.

In ogni caso, se si verificasse l’ipotesi estrema, Fdi, Lega e Fi potrebbero ritrovarsi il 26 settembre con una confortevole maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento. Nel complesso, considerando le medie di tutti i sondaggi di luglio, ai tre partiti di centrodestra è attribuito circa il 46% delle intenzioni di voto, contro il 36% dei soggetti di centrosinistra e l’11% del M5s.

Ansa

Secondo queste proiezioni, alla Camera il centrosinistra potrebbe ottenere fino a 96 seggi per la quota proporzionale, 42 per quella uninominale e tre nella circoscrizione Estero, per un totale di 141 seggi su 400 (come previsto dalla legge costituzionale che ha disposto il taglio degli eletti per Camera e Senato). Il centrodestra invece può sperare di ottenere ben 121 seggi nella quota proporzionale e 103 in quella uninominale, oltre a 4 scranni per l’Estero. Per un totale di 228 seggi. Stessa storia grosso modo al Senato.

umeri derivano dalla particolarità del Rosatellum (dal nome di Ettore Rosato, oggi presidente di Iv ma all’epoca capogruppo del Pd alla Camera). È la legge che è stata usata per la prima volta alle elezioni politiche del 2018, un mix fra due sistemi elettorali. Da un lato, sulla base dei voti degli elettori, circa il 61% dei futuri posti in Parlamento (366) è assegnato con un sistema proporzionale: nei “collegi plurinominali”, in cui è suddiviso il territorio italiano, i partiti presentano una lista di candidati (scelti dalle segreterie, senza preferenze) e ricevono un numero di posti in Parlamento in proporzione ai voti ricevuti. Dall’altro lato, circa il 37% dei seggi (222) è assegnato con il maggioritario nei collegi uninominali, dove i partiti presentano un singolo candidato e vince chi prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari: questo spiega l’importanza di presentarsi con un assetto il più unitario possibile, al centro del dibattito di questi giorni fra i partiti, per evitare che i voti si disperdano.

Il rimanente 2% dei seggi (12) è assegnato all’estero con un sistema proporzionale residuo, con le preferenze. Tuttavia, non tutti i partiti che ricevono voti possono avere eletti. La legge fissa infatti alcune soglie di sbarramento che, se non superate, di fatto impediscono di eleggere parlamentari: si tratta di almeno il 3% dei voti a livello nazionale per le singole liste e di almeno il 10% per le coalizioni. E i partiti che fanno parte di una coalizione e che prendono l’1% (e restano sotto il 3) riversano i loro voti pro quota sugli altri partiti coalizzati che stanno sopra il 3%.