Attualità

Il caso. Migranti verso l'Albania: «L'intesa con Tirana è un'operazione militare»

Antonio Maria Mira martedì 15 ottobre 2024

La nave Libra della Marina militare

C’è un “giallo” sull’arrivo dei primi immigrati in Albania, a bordo della nave Libra della Marina militare. Che fine ha fatto la procedura di noleggio di una o più navi private prevista da una “consultazione preliminare del mercato” pubblicata dal ministero dell’Interno il 30 maggio e ancora presente sul sito del Viminale? Nessuna notizia.

Ricordiamo che la nave avrebbe dovuto “fornire il servizio di trasporto di persone migranti dalle acque internazionali del Mediterraneo centrale, presumibilmente a circa 15/20 miglia nautiche a sud-sud ovest dall’isola di Lampedusa, al porto di Shengjin in Albania”. Un servizio che doveva iniziare a metà settembre e durare 90 giorni. Costo 13 milioni e 500mila euro (Iva esclusa), dai fondi del ministero. Le società interessate avrebbero dovuto presentare la documentazione entro il 25 giugno ma sul sito del Viminale non si trova nulla. Intanto la data di inizio del servizio, il 15 settembre, è passata da un mese e così si ricorre alla nave militare. Con molte e gravi differenze. Nel documento di cinque mesi fa erano richieste “cabine a uso doppio, comprensive di locale igiene indipendente”. Cabine doppie con bagno e infatti allora si disse che sarebbe stato un traghetto. « Il pattugliatore Libra non ha cabine, se non quelle degli ufficiali, mentre i marinai dormono a turno in camerate coi letti a castello. E comunque l’equipaggio è composto di soli 60 uomini », ci spiega l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardia costiera. Quindi, aggiunge, «gli immigrati soccorsi in mare dovranno fare il viaggio fino in Albania dormendo all’aperto, per almeno due giorni».

Ma gli spazi sulla nave militare non ci sono neanche per le altre attività che era previsto si svolgessero a bordo. Si parlava di “aree comuni dotate di servizi igienici” con “locali da adibire a esigenze di servizio (screening migranti, camera di sicurezza) ad infermeria, ad aree tecniche (magazzino, lavanderia)”. Per questo oltre agli immigrati erano previste 100 unità di personale. Che sicuramente sulla nave militare non avrebbero spazio per operare. Ma almeno una parte dovrà essere imbarcata, «anche per non lasciare da soli i marinai a gestire il viaggio. E comunque ormai ha tutte le caratteristiche di un’operazione militare», denuncia l’ammiraglio. C’è poi la questione, come ci segnala Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto di asilo a Palermo e giurista esperto di diritti umani, di cosa accadrà agli immigrati soccorsi nei prossimi giorni, mentre nave Libra è in viaggio. «Saranno portati come prima a Lampedusa. E una volta sbarcati non potranno più essere portati in Albania. E le pratiche della domanda d’asilo le faranno in Italia. Il Protocollo con l’Albania vale solo per i migranti maschi e non vulnerabili soccorsi in acque internazionali da navi militari italiane. Se sbarcano a Lampedusa, autonomamente o portati dai mezzi della Guardia costiera o della Finanza cambia tutto. Con un evidente disparità di trattamento». Per questo si era pensato al traghetto da far stazionare al largo e non a una nave militare, dove, denuncia anche il giurista «staranno sdraiati sul ponte per mancanza di spazi per loro e per il personale».

C’è infine sulla vicenda l’ombra di un drammatico evento di undici anni fa. Torna, infatti, sulla scena dell’immigrazione proprio la nave Libra che l’11 settembre 2013 fu al centro della “strage dei bambini siriani”, il naufragio di un peschereccio in acque maltesi che provocò la morte di 268 persone tra le quali più di sessanta bambini. Le autorità italiane finirono sotto processo per aver tardato i soccorsi, come si è poi ripetuto con la strage di Steccato di Cutro, malgrado proprio nave Libra fosse ad appena 17 miglia. Processo che in appello lo scorso giugno ha confermato la prescrizione ma sottolineando la responsabilità dell’evento da parte degli organi di soccorso dello Stato Italiano. Ora la nave militare torna a occuparsi di immigrati, ma nuovamente non per soccorrere e salvare ma per “deportare” in Albania.