Mediterraneo. Nave Aquarius con 141 migranti soccorsi: «Serve porto sicuro»
La nave Aquarius con a bordo 141 persone soccorse in mare, esattamente come accadde a giugno, è di nuovo senza un porto sicuro dove attraccare.
La Libia ha coordinato i soccorsi in mare, ma non ha indicato un approdo, Malta e Italia non ne vogliono sapere e anche il governo spagnolo del socialista Pedro Sánchez, che lo scorso giugno aveva permesso all’Aquarius di sbarcare a Valencia, ha rifiutato di accogliere i migranti (opponendosi alla decisione di Barcellona che aveva dato la sua disponibilità, ndr).
Mentre la Commissione europea lavora per una mediazione comunitaria, finora si sono fatti avanti solo il direttore del porto francese di Sete e il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, pronti a garantire la possibilità di fare richiesta di asilo in Europa. In serata anche Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo, ha confermato la disponibilità della città e delle sue strutture ad accogliere chi è a bordo. Per Sete si aspetta ancora il via libera del presidente Macron.
Le operazioni di soccorso sono avvenute venerdì 10 agosto: la nave di ricerca e soccorso noleggiata da Sos Mediterranée e gestita in collaborazione con Medici senza frontiere (Msf) aveva prima tratto in salvo 25 persone trovate alla deriva su una piccola barca di legno senza motore a bordo, quindi, nella stessa giornata, aveva avvistato una seconda barca di legno con 116 persone a bordo, compresi 67 minori non accompagnati. Dalle testimonianze dei 141 naufraghi è emerso anche che diverse imbarcazioni avrebbero ignorato le loro richieste di aiuto, in mare, disattendendo all'obbligo di soccorso. E sempre dai racconti delle due Ong si è saputo di un terzo possibile salvataggio rifiutato da altre 15 persone su un barchino: tra loro donne e bambini, in navigazione verso Lampedusa dove sono approdati a distanza di due giorni domenica, recuperati direttamente da una motovedetta della Guardia costiera italiana. In mezzo al Mediterraneo, dunque, i migranti si rifiuterebbero di farsi soccorrere dalle navi delle Ong perché con i porti di Italia e Malta chiusi è ormai diventato più conveniente rischiare la vita per tentare di raggiungere autonomamente la terraferma piuttosto che essere salvati da una nave umanitaria e poi rimanere in mare per giorni.
Il caso del «no» al salvataggio da parte del barchino conferma quanto sia stato facile delegittimare il soccorso da parte delle Ong (malgrado l’archiviazione delle inchieste a loro carico) tanto che gli stessi migranti hanno paura di rimanere bloccati, salendo a bordo delle navi delle Ong.
La rotta del Mediterraneo centrale però non si è arrestata: i barchini stanno soppiantando i gommoni e continuano a esserci ingressi anche nei porti italiani, a dispetto della politica fatta a colpi di tweet dal ministro dell’Interno e dal suo collega dei Trasporti. Anche ieri Matteo Salvini ha ribadito che la nave Aquarius è di «proprietà tedesca, noleggiata da Ong francese, equipaggio straniero, in acque maltesi, battendo bandiera di Gibilterra. Può andare dove vuole, non in Italia!». Mentre Danilo Toninelli – che pure qualche giorno fa aveva ammesso che non è stata disposta alcuna misura ufficiale per la chiusura dei porti –, è tornato alla carica sostenendo che la nave Aquarius «batte bandiera di Gibilterra» e per questo motivo dovrebbe essere «il Regno Unito ad assumersi le sue responsabilità per la salvaguardia dei naufraghi». La replica del governo britannico è chiara: lo sbarco va organizzato nel porto sicuro più vicino.
Va precisato che in realtà l’indicazione di un porto sicuro non dipende né dalla proprietà, né dalla bandiera, né dall'equipaggio dell’imbarcazione, ma dalla convenzione di Amburgo e da altre successive norme sul soccorso marittimo, che l’Italia è tenuta a rispettare. Come ha ricordato anche il Centro Astalli in un tweet: «Mettere in salvo vite umane non è una scelta ma obbligo internazionale».