QUIRINALE. Napolitano, avverte i partiti: guai bruciare la fiducia
Il riconoscimento di Giorgio Napolitano all’azione del governo guidato da Mario Monti è forte, netto. Il capo dello Stato parla di «esperienza feconda», ma subito avverte: la chiusura avvenuta «con una lieve anticipazione rispetto alla scadenza naturale» e con una «brusca accelerazione» non deve però portare a bruciare la fiducia creata a livello internazionale.
C’è preoccupazione anche nel tono di voce dell’inquilino del Colle. «Stiamo passando un guado molto faticoso, per portare l'Italia fuori dal pantano di un soffocante indebitamento pubblico, per giungere a porre lo sviluppo del Paese su fondamenta più solide, in tutti i sensi, più equilibrate, per guadagnare in dinamismo e coesione», ricorda Napolitano nel lungo intervento alla cerimonia di scambio di auguri con le alte cariche dello Stato . Napolitano capisce che la campagna elettorale oramai alle porte può accendere il clima e rovinare il lavoro fatto e allora avverte: «Voglio mettere in guardia perché in quel fuoco polemico non si bruci il recupero di fiducia nell'Italia che si è manifestato nella comunità internazionale e nei mercati. Attenzione è in gioco il Paese, il nostro comune futuro e non solo un fascio di voti per questo o quel partito».
È una giornata politica intensa. Segnata dal “faccia a faccia” tra Monti e Bersani. Ma soprattutto. Napolitano torna a riflettere a voce alta sulla fine della legislatura e non nasconde tutto il suo rammarico per l’epilogo del governo tecnico. «Avevo rivolto un invito ad una costruttiva conclusione della legislatura nella convinzione del grande e decisivo valore per l’Italia della continuità e della stabilità…». Parole forti, scandite in una giornata segnata dall’accavallarsi degli appuntamenti.
Bersani sale a Palazzo Chigi e prova a insistere con Monti sull’opportunità di una collaborazione, ma il Professore non ha per nulla abbandonato l’idea di una sua candidatura alla guida di un’area alternativa alla sinistra e intanto avverte: «Abbiamo messo in sicurezza il Paese, adesso dobbiamo ripartire. Occorreranno sempre più persone preparate, serie, capaci di leggere il cambiamento e saperlo guidare».
Il premier disegna un percorso, il capo dello Stato annota un particolare che non passa inosservato: «Il nuovo premier? Mio malgrado sarò io a dare l’incarico». Poi va avanti e punge i partiti. La mancata riforma delle legge elettorale? «Imperdonabile». C’è rammarico per il fallimento del cambio di sistema elettorale e Napolitano lo dice con forza. E ragionando sulle riforme istituzionali spiega che quella che si avvia a conclusione è stata "una legislatura perduta", in cui "anche modeste iniziative mirate sono naufragate. Avviandosi e consolidandosi un clima più disteso nei rapporti politici speravo in un sussulto di operosità riformatrice del modo di essere dei partiti, del loro rapporto con i cittadini - ricorda il capo dello Stato - ma sono state aspettative troppo fiduciose o avanzate, contro le quali si è fatto sentire tutto il peso di resistenze e antichi ostacoli radicati". Questa incapacità della politica di riformarsi, ha aggiunto Napolitano, ha fomentato "il corso limaccioso dell'antipolitica e del qualunquismo istituzionale", aggravato dagli "indegni abusi di denaro pubblico" perpetrati "da eletti nei consigli regionali".