Attualità

50 ANNI FA IL DISASTRO. «Vajont, non fatalità ma colpe umane»

mercoledì 9 ottobre 2013
Una cerimonia sentita, breve ma commossa quella di questa mattina al palasport di Longarone dove, a 50 anni esatti dalla tragedia, si è ricordato il Vajont con le sue 1910 vittime. "Il vescovo di Roma - ha detto il vescovo di Belluno Giuseppe Andrich parlando ai superstiti e alle famiglie - mi ha incaricato di portare i suoi sentimenti che, conoscendolo, possiamo indovinare". Commozione anche quando il sindaco di Longarone Roberto Padrin ha proclamato un minuto di silenzio prima della cerimonia dedicandolo alle vittime dell'ultimo sbarco a Lampedusa. Il messaggio di Napolitano"La memoria del disastro che il 9 ottobre 1963 sconvolse l'area del Vajont suscita sempre una profonda emozione per l'immane tragedia che segnò le popolazioni con inconsolabili lutti e dure sofferenze. Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant'anni di distanza, a ribadire che quell'evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità". È quanto afferma il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato in occasione del 50esimo anniversario del disastro del Vajont. "È con questo spirito - riprende Napolitano - che il Parlamento italiano ha scelto la data del 9 ottobre quale Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo, riaffermando così che è dovere fondamentale delle istituzioni pubbliche operare, con l'attivo coinvolgimento della comunità scientifica e degli operatori privati, per la tutela, la cura e la valorizzazione del territorio, cui va affiancata una costante e puntuale azione di vigilanza e di controllo"."Nella ricorrenza del 50esimo anniversario del disastro, desidero rendere omaggio alla memoria di quanti hanno perso la vita, alla tenacia di coloro che ne hanno mantenuto fermo il ricordo e che si sono impegnati nella ricostruzione delle comunità così terribilmente ferite e rinnovare, a nome dell'intera nazione, sentimenti di partecipe vicinanza a chi ancora soffre", scrive ancora il capo dello Stato. "Desidero, inoltre, esprimere - conclude - profonda riconoscenza a quanti, in condizioni di grave rischio personale, si sono prodigati, con abnegazione, nell'assicurare tempestivi soccorsi ed assistenza, valido esempio per coloro che, nelle circostanze più dolorose, rappresentano tuttora un'insostituibile risorsa di solidarietà per il paese". Grasso davanti alla statua della MadonnaMomento di grande intensità quando il presidente del Senato, Piero Grasso, al cimitero monumentale di Fortogna, dove sono sepolti i resti delle 1910 vittime della tragedia del Vajont, si è fermato a lungo davanti alla statua in legno di una Madonna. È la Vergine danneggiata e priva di braccia che la notte della sciagura stava su uno degli altari della chiesa parrocchiale di Longarone. Strappata dalla furia delle acque piombate dalla diga, che fecero anche crollare l'intero edificio, galleggiò sull'anomala onda di piena del Piave seguendone il corso per un centinaio di chilometri, fino a quando qualcuno la recuperò restituendola alla comunità alla quale apparteneva. "È il simbolo - ha detto Grasso - che in sé conserva l'idea e l'immagine del dolore".Grasso ha rilevato che a volte "gli eventi e la vita fanno passare di mente tragedie come queste", ricordando di aver vissuto il disastro del Vajont da lontano, allora diciottenne, solo attraverso le immagini televisive. Ha quindi ringraziato chi, a Longarone, "ha permesso la mia commozione e partecipazione all'appuntamento". "Sono qui oggi, in questa terra ferita, per inchinarmi alle vittime e ai sopravvissuti. Sono qui per portare le scuse dello Stato. Per riparare, per risanare le ferite, anche psicologiche, che questa terra subisce da anni", aveva detto Grasso poco prima, nella cerimonia."Il Vajont è anche la storia di uno straordinario esempio di solidarietà e virtù civiche, da molti considerato alla base della nascita del sistema della protezione civile", ha continuato Grasso. "È la storia di tutti quelli che accorsero con tempestività: alpini, vigili del fuoco, forze dell'ordine, volontari da tutta l'Italia - ha aggiunto -. Persone che, con abnegazione, generosità e impegno hanno offerto la propria opera nel momento del dolore e dell'orrore. Persone che, in qualche modo ancora oggi portano il segno di quell'esperienza"."Il nostro pensiero va - ha sottolineato ancora in un passaggio del suo intervento - ai tanti, troppi morti di questa strage, ma anche a tutti coloro che sono sopravvissuti e che, privati di tutti i loro beni, si sono impegnati nella ricostruzione di un Paese spazzato via in pochi istanti"."Voi avete il diritto di chiedere risposte, lo Stato, quello Stato che oggi qui rappresento, ha il dovere di darvele, per rendere giustizia alle vittime, ai loro familiari, ai superstiti, e per riscattarsi dalle proprie mancanze di 50 anni fa".