«La cosa più importante è la credibilità internazionale che dovrà avere il governo e il presidente del Consiglio, le formule e i laboratori politici contano poco, in questa fase». Giorgio Napolitano l’ha ripetuto a tutte le delegazioni, ieri, tracciando di fatto l’identikit del presidente incaricato. Sarà con tutta probabilità Giuliano Amato, il favorito della prima ora tornato di attualità adesso che Napolitano ha ripreso il suo posto per supplire all’avvitamento dei partiti. Tutto il discorso di insediamento alla Camera, il monito ai partiti «sordi», in effetti già preludeva a una scelta tecnico-politica di questo tipo, essendosi bruciati i partiti, in particolare quello di maggioranza relativa, la possibilità di individuare al loro interno un nome che potesse sbrogliare la matassa. Unica alternativa in campo resta ancora quella di Enrico Letta, che il presidente prenderà in seria considerazione nell’ennesima notte di riflessione che si è riservato. Ma certo non ha aiutato l’ipotesi l’ulteriore contorsione del Pd, che ha provato a rinsaldarsi sulla
mission impossible di una candidatura di Matteo Renzi, prima di portarsi al Quirinale con più miti consigli, dopo una difficile riunione di direzione. Toccava proprio al vicesegretario Letta illustrare, all’uscita dello studio alla Vetrata, gli esiti del lunghissimo colloquio (oltre un’ora e mezza) della delegazione del Pd: «Abbiamo illustrato al Capo dello Stato le decisioni della direzione che oggi, a larga maggioranza, ha deciso di dare la sua disponibilità e la sua volontà di concorrere alla nascita di un governo sulla scia delle indicazioni espresse ieri dal Presidente alle Camere...». Le difficoltà che ancora persistono nel Pd sia sul nome di Amato sia - soprattutto - sulla composizione della delegazione del Pdl nel governo sono state l’una dopo l’altra affacciate nel colloquio. Napolitano ne ha preso atto ma ha opposto gli stessi argomenti usati in aula nell’insediamento. «Ci atterremo - dice Letta alla fine - alle scelte che nella giornata di domani - oggi, ndr - farà Napolitano». E il riferimento alle riforme e all’emergenza economica lascia intendere che il Pd, alla fine, si sia piegato anche sulla mission e sulla durata del governo, dopo le resistenze dei giorni scorsi, che ieri ancora persistevano in larga parte del partito, su una lunga collaborazione con il Pdl con la formula delle larghe intese.Napolitano ha suonato lo stesso spartito con tutti, raccomandando anche celerità. Conferito l’incarico stamattina, il giuramento potrebbe esserci già per fine settimana. Priorità al Paese, senza ripartire con i veti incrociati, ha raccomandato: se è stato chiamato al capezzale di una politica avvitata su se stessa ora occorre responsabilità. Nessuna difficoltà con Silvio Berlusconi che ha solo annuito e che gli ha anche assicurato un’opposizione non ostile della Lega, di fatto interessata - ha spiegato - a che un governo nasca, per dare un riferimento certo ai suoi governatori. Per Napolitano è stato un altro via libera per l’incarico che potrebbe ufficializzare già stamattina, visto che su Amato gravava il no opposto in via preventiva dal Carroccio. C’è pieno allineamento alla linea dal Quirinale nelle parole di Berlusconi: «Aspettiamo che il presidente decida a chi affidare l’incarico poi cercheremo di dare il maggior sostegno possibile a chi sarà incaricato». D’altronde il gradimento di Berlusconi è noto, per Amato e lo ha ribadito ieri a Napolitano ma il Cavaliere è abbastanza scaltro per capire che un suo eventuale endorsement pubblico avrebbe effetti di segno contrario.«Abbiamo confermato la necessità che ha il Paese di un governo forte che possa prendere provvedimenti importanti che non sia di passaggio ma duraturo», ribadisce la linea del Pdl, consapevole che è anche quella di Napolitano. Senza neanche più bisogno di ripetere l’alternativa sempre minacciata del voto. «Governo stabile e duraturo nel solco del lavoro dei Saggi», chiede anche Andrea Olivero, per Scelta civica.Amato, intanto, ha vissuto una giornata di apparente relax, anche se è avvertito fin da lunedì di tenersi pronto. «Chiamarmi presidente? Sono stato presidente del Consiglio e per le regole italiane c’è un "semel semper"», scherza ironizzando sulla presidenza attualmente detenuta del tennis club di Orbetello. Alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dov’era a un convegno con il ministro Francesco Profumo ha dovuto fronteggiare anche una contestazione al governo che non gli ha tolto però il buon umore. «Lei quanti soldi ha in banca? Dica, dica...», ha scherzato sdrammatizzando sui prelievi forzosi che evocano la sua precedente esperienza a Palazzo Chigi. Ha negato poi di percepire, come sostenuto dai giornali una pensione di 31 mila euro: «È una notizia falsa, per farmi del male». Ne ha "ammessi" 22.500 ma lordi, più un vitalizio che devolve in beneficenza. E a chi gli ha chiesto di una possibile patrimoniale ha risposto con un secco «no». Che è già un impegno programmatico.