Attualità

Il Quirinale. Napolitano: «Ora la parola passa al Pd»

Angelo Picariello mercoledì 12 febbraio 2014
«Sul governo la Parola passa al Pd», dice Giorgio Napolitano dal Portogallo, rispondendo ai giornalisti. «Ma serve stabilità, specie in vista del semestre italiano e Renzi mi ha dato rassicurazioni». E se la direzione del partito di maggioranza relativa, e spina dorsale non solo delle larghe intese ma anche del dialogo sulle riforme, dovesse dare unitariamente un’indicazione sul segretario del Pd il Quirinale non potrà che tenerne conto. È questo il ragionamento del capo dello Stato svolto ieri con numerosi interlocutori. «In tal caso non potrò che prenderne atto». Non è ancora il via libera al Renzi 1, ma è quanto meno il nihil obstat, e vista la piega che ha preso il dibattito politico l’esito potrebbe non essere diverso.Ma non è - come pure si dice in queste ore frettolosamente - la fine dell’asse di Napolitano con Enrico Letta. Tutt’altro. Il ragionamento che  porta avanti, parte proprio dal ruolo dell’attuale premier. «Ancora una volta a Strasburgo ho potuto riscontrare di quale stima goda presso le istituzioni europee, e una risorsa come lui non può essere dispersa», insiste in queste ore il presidente. Dunque, il passaggio che si aspetta entro domani è un accordo pieno e leale fra i due contendenti, che apra a una prospettiva chiara. Con due scenari possibili, che il Quirinale continua a considerare in una graduatoria logica ben precisa. La prima era e resta il rafforzamento dell’esecutivo attuale con l’inserimento di personalità gradite alla nuova leadership del Pd, in grado di garantire un cammino più spedito al programma di governo e nel contempo al dialogo sulle riforme. Ma la novità è nell’ipotesi due, che prevede un possibile incarico a Renzi che salvaguardi l’attuale base parlamentare della maggioranza. Senza escludere nuovi apporti con la formula dell’appoggio esterno, ad esempio da parte di Sel, ma anche - inaspettata - una possibile apertura di credito dalla Lega, chiaramente interessata a una versione finale non penalizzante della legge elettorale. Fra le valutazioni anche l’orizzonte temporale, che con Renzi potrebbe prolungarsi, persino fino alla fine naturale della legislatura.Napolitano è molto grato al sindaco di Firenze per la sua iniziativa sulle riforme e di certo fra i due la diffidenza iniziale è superata. Ma la condizione imprescindibile che pone è che fra il segretario del Pd e il premier attuale vi sia una soluzione lineare e concordata. Certo, non essendoci stata una sfiducia delle Camere non sarà certo Napolitano a spingere Letta alla resa. Ma neanche potrà essere il Quirinale a puntellare in eterno un esecutivo paralizzato dai veti e una maggioranza più striminzita e più litigiosa. Restano quindi 48 ore per decidere, dopodiché Napolitano prenderà atto. Ma se toccherà a Renzi la condizione è che Letta sia ancora della partita. Napolitano non ha parlato di incarichi, ma l’identikit di quello con cui il capo dello Stato ha chiesto che venga - nell’ipotesi due - salvaguardato il ruolo di Letta «per non sprecare il prestigio che ha guadagnato in Europa» portano a una soluzione sola: la possibile investitura dell’attuale premier quale ministro dell’Economia nel nuovo esecutivo Renzi. Un finale che neanche gli amanti dei romanzi gialli avrebbe potuto scrivere. Ma in politica - si sa - mai dire mai.