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IL RICORDO A ROMA. 70 anni fa la razzia del Ghetto. Il Papa: la memoria insegni

mercoledì 16 ottobre 2013
Un lungo applauso ha accolto questa mattina l'arrivo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel Tempio Maggiore di Roma. Ad attenderlo il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, in occasione dei 70 anni dalla deportazione degli ebrei romani. Alla cerimonia, hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, l'ambasciatore dello Stato di Israele, Naor Gilon, rappresentanti di scuole ebraiche romane e due sopravissuti ai campi di sterminio nazista, Enzo Camerino e Lello Di Segni. Presenti inoltre Gianni Letta e gli ex sindaci di Roma, Francesco Rutelli, Walter Veltroni e Gianni Alemanno."Oggi è una grande giornata di coesione e di solidarietà tra tutte le fedi e le religioni", ha detto Napolitano. "È un merito del Parlamento italiano, anche dando un esempio ad altri Parlamenti", aver approvato ieri, in Commissione giustizia a Palazzo Madama, le norme che introducono il reato di negazionismo. Napolitano ha espresso la propria soddisfazione per il primo via libera del Senato al provvedimento presentato da tutte le forze politiche. "Sono convinto - ha aggiunto il capo dello Stato - che l'iter del provvedimento sarà presto completato".Il Papa ha inviato un messaggio, in cui scrive che "fare memoria di un evento non significa semplicemente averne un ricordo, significa anche e soprattutto sforzarci di comprendere qual è il messaggio che esso rappresenta per il nostro oggi. Così che la memoria del passato possa insegnare al presente e divenire luce che illumina la strada del futuro". Commemorare la deportazione degli ebrei romani, afferma il Papa, è "una memoria futura, un appello alle nuove generazioni a non appiattire la propria esistenza, a non lasciarsi trascinare da ideologie, a non giustificare mai il male che incontriamo, a non abbassare la guardia contro l'antisemitismo e contro il razzismo, qualunque sia la loro provenienza". "Il rastrellamento fu un crimine istituzionale"; lo ha detto il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che rivolge il suo invito a mantenere viva e alta la memoria delle deportazioni e degli eccidi. "È doveroso che si mantenga viva la memoria anche oggi che ferite nuove si aprono davanti ai nostri occhi". "Quelle ferite non si sono mai rimarginate". Così il presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici durante la cerimonia; quello che accadde, ha aggiunto, è stato possibile anche grazie "a vergognose complicità degli ufficiali dell'anagrafe e dei militari fascisti che hanno tradito i cittadini ebrei". "Ci sono stati delatori che per 5 mila lire hanno dato i nomi degli ebrei: chi riuscì a sottrarsi al processo deve ringraziare le loro vittime che furono gasate e non poterono inchiodarle alle loro responsabilità. Ci sono stati anche conventi che aprirono le loro porte agli ebrei in cambio della conversione o di denaro. Insomma tutto potè avvenire grazie all'intervento di troppi. Ma non possiamo dimenticare che se tanti si sono salvati è stato perché in tanti hanno aperto le loro porte senza chiedere nulla in cambio. Furono i giusti a salvare l'onore dell'Italia".